Transizione energetica: la Slovenia ribadisce il “Sì” al nucleare, l’Italia forse

Convegno a Gorizia organizzato da Confindustria Alto Adriatico e Unione regionale economica slovena SDGZ-URES. Oltre all'ampliamento della centrale di Krško si pensa anche ai nuovi reattori compatti intrinsecamente sicuri.

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Da sx, rodolfo Ziberna, Michelangelo Agrusti e Robert Frandolič.

I temi della transizione energetica transfrontaliera – che inevitabilmente intrecciano quelli della sostenibilità economica per imprese e famiglie – sono stati protagonisti nel convegno organizzato nella sede di Confindustria Alto Adriatico assieme all’Unione regionale economica slovena SDGZ-URES.

Quanto al nucleare, nel 2023 oltre il 65% dei cittadini sloveni è a favore degli investimenti necessari per costruire il secondo grande reattore nella centrale di Krško (JEK2, è in preparazione una legge speciale che faciliterà tutto l’iter) e avviare, nel frattempo, studi per la successiva realizzazione dei cosiddettiSmall Modular Reactors”, impianti meno onerosi e potenti, ma più facilmente collocabili sul territorio e di più rapida realizzazione oltre che intrinsecamente più sicuri.

Per Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico è condivisibile la scelta che la Sloveniafece diversi anni fa, che «il nucleare di cui disponiamo oggi è straordinariamente sicuro, non occorre attendere la ventisettesima generazione per sentirsi al riparo. In Italia si fa però ancora molta fatica a invertire un sentimento ostile, viviamo nell’unico Paese al mondo che ha promosso, all’indomani di catastrofi che non ci riguardavano, inseguendo un sentimento di paura, due referendum. E siamo in forte ritardo».

Agrusti ha aggiunto che la scelta di implementare Krško, che anche in Friuli Venezia Giulia ha creato dei timoriper la sua vicinanza, è intelligente. «Proposi alla Regione di stabilire una interlocuzione con la Slovenia per verificare se fosse possibile una compartecipazione di qualche tipo nell’ampliamento; in una logica di partenariato, di vicinanza operativa – ha aggiunto Agrusti –. Sarebbe stata un’operazione dalla quale avremmo potuto tutti beneficiare. Ora associazioni del sistema Confindustriale, come Federacciai, si sono attivate oltre confine per poter disporre di energia a minor costo. Queste sono le collaborazioni vere che andrebbero attivate».

Sulla stessa lunghezza d’onda Robert Frandolič, presidente di Sdgz-Ures, secondo il quale «l’unico obiettivo al quale puntare è uno sviluppo congiunto industriale-imprenditoriale tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia; ciò non può avvenire senza nuove infrastrutture energetiche che consentano alle nostre imprese di essere competitivequantomeno dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico. Nei bilanci delle aziende è una posta considerevole, se non si è in grado di abbatterla la penetrazione dei mercati risulta impossibile, sia in Europa sia nel resto del mondo. E di tempo non ce n’è più».

Sulla scarsità di tempo ha convenuto anche il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, per il quale la transizione energetica è un macro-tema che ne apre altrettanti. «Tre quarti d’Europa spende meno di noi per l’energia – ha aggiunto – ciò significa che la competitività delle loro imprese sale. Su Krško – ricorda Ziberna – che era una delle centrali più vecchie d’Europa, l’allora presidente della Regione Renzo Tondo, all’ipotesi ventilata di una chiusura, propose di raddoppiare investendo, ma fu stoppato da buona parte della politica regionale. Oggi non è come allora: le nuove centrali sono profondamente diverse da quelle di trent’anni fa e la decisione non può essere presa tra un biennio o un quinquennio ma adesso».

La regione Friuli Venezia Giulia, come sostenuto da Elena Caprotti, direttore del Servizio transizione energeticadella direzione centrale difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile, ha spiegato che l’amministrazioneritiene le Comunità Energetiche Rinnovabili «strumento valido per la transizione energetica. E le sostiene tramite diverse azioni: la mappatura completa del territorio regionale per la raccolta di dati e redazione della documentazione standard utile per i processi di costituzione delle CER (120.000 euro), l’erogazione di contributi ad enti pubblici per la costituzione di CER (28,8 milioni), la realizzazione impianto e supporto alla costituzione della CER di Spilimbergo (2 milioni) ed essere capofila nella costituzione della CER di Pasian di Prato – Campoformido. Ma anche con la creazione di Friuli Venezia Giulia Energia, società al 100% in mano all’entepubblico e braccio operativo della Regione in materia energetica, che avrà funzioni di supporto a progetti di innovazione e ricerca, vigilanza sull’applicazione delle certificazioni di sostenibilità ambientale, affiancamento degli enti locali per le iniziative in materia di energia, organizzazione di campagne di formazione e informazione e supervisione e coordinamento delle attività di sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili».

Caprotti, riferendosi allo sviluppo della filiera a idrogeno verde, ha parlato del progetto di creazione di un “Hydrogen Hub” a Trieste da parte del raggruppamento AcegasApsAmgaHestAmbiente finanziato con 14 milioni di euro, fondi Pnrr spiegando che la Regione vi contribuisce, oltre che con le proprie competenze e le proprie figure professionali, anche tramite lo stanziamento di 375.000 euro in sostegno al budget complessivo.

La Slovenia, nella sostanza degli interventi che si sono succeduti, nella transizione energetica si aspetta molto dal fotovoltaico, meno dal geotermico e molto dal nucleare. La traccia del progetto per il secondo reattore di Krško ha una estensione impegnativa: 5 anni per l’individuazione del sito e i primi permessi, 4 anni per i lavori preparatori e 7 anni per la costruzione. L’orizzonte ultimo, però è di 60 e più anni – fino a 100 – anni di energia pulita e sicura.

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