Dopo essere stata finalmente depositata al Parlamento, dall’analisi della Finanziaria 2024 emergono tante spese a sorpresa, che fanno emergere le deboli fondamenta su cui è basata, a partire dalle previsioni di crescita 2024che già ora dovranno essere praticamente dimezzate a seguito del pesante rallentamento dell’economia italianaed europea, anche se l’economia italiana evita per un soffio nel terzo trimestre 2024 di scivolare nella recessione tecnica per il calo di due trimestri consecutivi.
Le voci che più di altre pesano sulle uscite della Finanziaria 2024 ci sono le pensioni, gli interessi sul debito pubblico e i vari bonus ordinari e super erogati negli ultimi tre anni, che portano la spesa a crescere di ben 62 miliardi in più rispetto al 2023.
A fare emergere le sorprese sono soprattutto le varie tabelle allegate al testo di legge depositato alla commissione Finanze del Senato che deve esaminare e approvare la legge. Tra tante, ha sorpreso la crescita del 78,9% della spesa relativa alla voce “Competitività e sviluppo delle imprese”, che passa dai 35,6 miliardi del 2023 ai 63,7del 2024. Una crescita esponenziale che non è dovuta, come suggerirebbe il titolo del capito di spesa a nuoviprogrammi di incentivi alle imprese per sostenere la crescita, di cui infatti non c’è traccia in manovra come denunciato dalle categorie produttive. Crescono e tanto «le risorse stanziate a copertura dei crediti di impostafruiti dai fornitori per gli interventi di efficienza energetica, rischio sismico, fotovoltaico e colonnine di ricaricadi veicoli elettrici, anticipati sotto forma di sconto sul corrispettivo ai soggetti che sostengono le spese», come è messo nero su bianco a pagina 40 del primo dei tre volumi di tabelle e allegati che accompagnano la legge di bilancio. Fanno 27,8 miliardi di spesa aggiuntiva, cui s’aggiungono le decine di miliardi che ancora viaggianocon il Superbonus 110%.
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Altra pesante voce di spesa riguarda gli interessi sul debito pubblico nazionale, in continua crescita. Oltre a dovere gestire titoli in scadenza per 418 miliardi di euro nel 2024 – e si spera che non ci siano tempeste nuove finanziarie che possano spingere al rialzo i tassi -, il servizio dei quasi 2.900 miliardi di debito pubblico nazionale assorbono sempre più risorse: si passa dagli 84,5 miliardi del 2023, ai 96,5 miliardi del 2024 e ai 106,9 e 112,5 miliardi rispettivamente nel 2025 e 2026, con una crescita di ben il 33,1% al termine della programmazione triennale rispetto al 2023. Una montagna di denaro drenata dalle tasche dei contribuenti per pagare l’incapacità di buona amministrazione dei governi degli ultimi trent’anni, tanto che nel 2024 la spesa per la scuola (52,1 miliardi) raggiunge la metà della spesa per gli interessi.
Infine la voce pensioni, che a solo poche ore dal deposito ufficiale della legge che tutta la maggioranza del governo Meloni si era impegnata a non emendare, si prepara ad essere oggetto di un maxiemendamento per sventare gli effetti nefasti del taglio fino al 33% del trattamento pensionistico dei dipendenti pubblici appartenenti all’area della dirigenza, con particolare riguardo per il personale della sanità. Quel personale che solo due anni fa in piena pandemia tutti lodavano per il loro impegno e abnegazione, anche a rischio della propria salute. Salvo, oltre a non vedere mantenute le promesse, essere puntualmente mazziati da una classe politica fanfarona ed incapace. Ora, per evitare la fuga di personale dal Servizio sanitario nazionale, il governo Meloni fa l’ennesima marcia indietro, ripristinando la situazione precedente.
Più della spesa per le pensioni per i medici, che godono sicuramente di trattamenti superiori alla media anche perché superiori alla media sono stati i contributi puntualmente versati, stupisce la spesa delle «politiche previdenziali non coperte da contributi» che nel 2024 salirà alla bellezza di 135,1 miliardi, in crescita di 21,6 miliardi (+19%). Un dato che dovrebbe consigliare il governo a stringere di più invece di allentare i cordonidella borsa verso coloro che percepiscono pensioni senza mai avere versato i contributi, magari perché si è lavorato in nero.
Tra tante ombre della Finanziaria 2024 una luce legata al quasi azzeramento delle spese per i contributi per calmierare le bollette dell’energia, che nel 2024 passano dai 20,5 miliardi del 2023 ad appena 1,2 miliardi.
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