“Quota 104”, scusate abbiamo scherzato. Ma non troppo

Rimane “Quota 103” ma con pesanti penalizzazioni, tra cui il ricalcolo con il contributivo e il tetto a 4 volte la minima.

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Quota 104 dadi pensioni

Tanto tuonò che piovve la solita retromarcia dinanzi alla reazione dei potenziali interessati: “Quota 104viene soppressa ancora prima di nascere, facendo sopravvivereQuota 103”, ma con una pesante serie di penalizzazioni tali da disincentivare i pensionamenti anticipati. Di fatto, le proteste della Lega Salvini si rivelanoessere un boomerang d’immagine (e di consenso) e nei fatti, perché quello che esce dalla porta del governo rientra dalla finestra.

Sempre che le regole non cambino ancora in corsa, i lavoratori che matureranno il prossimo anno i requisiti richiesti (62 anni d’età e 41 di contribuzione), e decideranno di utilizzareQuota 103saranno comunque mazziati sotto forma di ricalcolo dell’assegno con il metodo contributivo, con un tetto al trattamento mensile di 4 volte il minimo Inps, pari a 2.250 euro lordi al mese, circa 1.500 euro netti. Alla forte penalizzazione economica che colpisce specie i quadri e capiufficio per non dire dei dirigenti, le “finestred’uscita (il momento in cui si consegue il diritto alla decorrenza del trattamento) si dilatano a 7 mesi per i lavoratori privati e a nove mesi per i dipendenti pubblici.

Al momento, a risultare particolarmente penalizzata sarebbe la fascia dei pensionati con assegni tra 4 e 5 volte il minimo (da circa 2.250 a quasi 2.800 euro lordi con l’indicizzazione), che vedono la rivalutazione amputataall’85% rispetto al precedente 90%, mentre l’indicizzazione viene ulteriormente falcidiata dal 32 al 22% per i percettori di pensione lorda mensile oltre le 10 volte il minimo Inps, cosa che ha già fatto sollevare i sindacatidei medici.

Altro ritocco peggiorativo della mancata “Quota 104” riguarda il ripristino, dal 2025 invece che da inizio 2027, dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita per i pensionamenti anticipati con 42 anni e 10 mesi di versamenti (41 anni e 10 mesi per le lavoratrici), a prescindere dall’età anagrafica.

Dal provvedimento del governo Meloni escono particolarmente colpiti i lavoratori del comparto pubblico, specie quelli degli enti locali, maestri, ufficiali giudiziari e “sanitari” che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 e che grazie ai livelli di adeguamento degli importi più bassi di quelli attuali specie per quel che riguarda la quota retributiva, vedranno i loro trattamenti ridursi sensibilmente. Salvo nuovi ritocchi da parte della maggioranza di centro destra.

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