L’Italia si conferma fanalino di coda in Europa rispetto alle auto aziendali: nel 2022, secondo l’Unrae(l’associazione degli importatori in Italia delle case automobilistiche estere), le immatricolazioni di auto aziendalisul totale delle vendite è stata del 41,7% considerando tutte le forme di acquisto o di possesso. Un dato che pone l’Italia decisamente lontano rispetto al principale concorrente manifatturiero europeo, la Germania, dove le auto aziendali toccano il 64,1% di penetrazione, in Francia del 54,6% e in Spagna del 55%.
In Europa, le auto aziendali sono incentivate dal fisco, mentre in Italia c’è un accanimento che è ormai atavico, risalente ormai al 1979, quando ci fu la prima richiesta di deroga al sistema fiscale ordinario europeo che prevederebbe la completa deducibilità del costo d’acquisto e dell’Iva pagata, oltre alle spese di uso e manutenzione. La deroga doveva essere di durata limitata, ma quel che in Italia nasce come provvisorio e a scadenza spesso si trasforma in eterno.
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Un primo tentativo di spallata arrivò con il ricorso di un’azienda che impugnò la norma italiana, chiedendoanche in Italia l’applicazione di quella europea. Di grado in grado, il contenzioso arriva fino alla Corte di giustizia europea che stabilisce come la deroga al diritto di detrazione dell’Iva su veicoli aziendali e spese annesse non sia ammissibile in quanto in contrasto con l’articolo 17 n. 7 della sesta direttiva Iva 77/388/Cee.
La sentenza del 2006 invece di essere prontamente applicata dal governo italiano, fece invece scattare la fervida fantasia dei ministri per cercare di dribblare l’obbligo, proponendo un’altra deroga “temporanea”, applicando una deducibilità ridotta al 40% del prezzo d’acquisto e dell’Iva versata, basata su un tetto di prezzod’acquisto mai adeguato all’inflazione di 18.076 euro, oggi insufficiente anche per acquistare un’utilitaria da città. Tetto poi dimezzato al 20% durante la stagione dei governi tecnici.
Di deroga in deroga al regime ordinario della completa deducibilità, il settore delle auto aziendali andrà avantifino al 2025 con una deducibilità ridotta al 20% e un tetto massimo di poco più di 3.600 euro. Decisamente poco, troppo poco, tanto che agli inizi del 2023 il governo Meloni per bocca del sottosegretario alle Finanze, Massimo Bitonci, aveva promesso l’adeguamento del regime fiscale alle regole europee.
E oltre allo strumento della legge delega per il riassetto del sistema fiscale nazionale, il governo Meloni potrebbe utilizzare i fondi inutilizzati per il sostegno dell’auto elettrica e ibrida per coprire l’avvio della riforma, che potrebbe avvenire ad invarianza di gettito, con vantaggi consistenti negli anni successivi sia per il mercato nel suo complesso, con maggiori vendite attese nell’ordine di circa 300.000 veicoli in più, maggiore gettito fiscale, migliore competitività del sistema produttivo nazionale e maggiore convenienza per gli acquirenti privati che potrebbero contare su veicoli usati di 3-4 anni di vita a circa metà prezzo rispetto al nuovo, compensando così il minore potere d’acquisto di gran parte delle famiglie italiane.
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