Disoccupati in Italia sono 2 milioni, ma le imprese cercano 1 milione di addetti

Indagine della Cgia sulla crescente difficoltà di trovare manodopera. Le maggiori difficoltà nel NordEst.

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I paradossi presenti nel mercato del lavoro italiano sono evidenti e uno di questi viene evidenziato in questa nota dall’Ufficio studi della CGIA: se i disoccupati in Italia sono poco meno di due milioni, di cui 800.000 circain età compresa tra i 15 e i 34 anni, secondo il ministro del Lavoro Marina Calderone sarebbero un milione i posti che le imprese non riescono a trovare.

Questa non è una novità: in Italia da sempre la domanda e l’offerta di lavoro faticano a incrociarsi. Non solo. Tra i disoccupati spesso c’è un deficit educativo ed esperienziale notevole rispetto alle abilità professionali richieste dalle attività economiche.

Detto questo, rimane il fatto che ci sono ancora molte persone, soprattutto giovani, senza una occupazione, mentre tante aziende, anche nel Mezzogiorno, sono costrette a rinunciare a una quota importante degli ordinativi, poiché non hanno le risorse umane sufficienti per far fronte a queste nuove commesse.

Il risultato di questa situazione consegna un quadro preoccupante: tante famiglie continuano a rimanere in condizioni di fragilità economica e altrettante imprese, non potendo incrementare l’attività produttiva, non possono crescere dimensionalmente e creare nuova ricchezza da distribuire.

Secondo i dati che emergono dalla periodica indagine Excelsior condotta presso gli imprenditori italianidall’UnioncamereAnpal, l’Ufficio studi della CGIA ha elencato le prime 50 figure professionali di difficile reperimento. Praticamente introvabili sono i saldatori ad arco elettrico, i medici di medicina generale, gli ingegneri elettronici/telecomunicazioni, gli intonacatori (che includono anche gli stuccatori, i decoratori e i cartongessisti) e i dirigenti d’azienda (di istituti scolastici privati e di strutture sanitarie private). Di questo primo blocco, in 8 casi su 10 la ricerca degli imprenditori (privati e pubblici) si tramuta in fallimento.

Altrettanto difficili da reperire sul mercato del lavoro sono i meccanici collaudatori, gli infermieri/ostetriche, i tecnici elettronici (installatore e manutentore hardware), i tappezzieri e i materassai, gli operai addetti a macchinari per la filatura e bobinatura, i saldatori e i tagliatori a fiamma, gli ingegneri elettronici, gli elettrotecnici e gli operai addetti ai telai meccanici per la tessitura e maglieria. Di questo secondo blocco, in 7 casi su 10 le richieste imprenditoriali rimangono scoperte.

Se al Nord si cercano soprattutto camerieri, commessi e addetti alle pulizie, al Sud la richiesta si concentra su muratori e, anche qui, su camerieri e commessi. Tra le quattro ripartizioni geografiche del Paese, invece, le maggiori difficoltà nel reperire i lavoratori dipendenti sono emerse a NordEst. A Bolzano, nel 2022 si è registrata l’incidenza percentuale più alta pari al 52,5%. Seguono Pordenone con il 52%, Gorizia con il 48,8%, Pavia con il 48,3%, Trento con il 47,9%, Udine con il 47,8%, Bologna e Vicenza con il 47,7%, Lecco con il 46,9% e Padova con il 46,8%.

Analizzando l’incidenza percentuale delle difficoltà di reperimento, dal 2017 a oggi (settembre 2023) è più che raddoppiata. Se sei anni fa solo il 21,5% degli imprenditori intervistati dichiarava di faticare moltissimo a reperire nuovo personale, nella rilevazione del mese scorso la percentuale è salita al 47,6%. E’ evidente che nei prossimi anni la tendenza è destinata a salire ulteriormente. Il combinato disposto tra calo della natalità e il progressivo innalzamento dell’età media dovrebbe creare non pochi problemi agli imprenditori che, tra le altre cose, saranno chiamati a sostituire un elevato numero di maestranze destinato al pensionamento.

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