Denaro virtuale: la ricaduta sull’economia reale

L’impatto dell’economia crypto e della moneta virtuale sulla realtà economica nazionale e mondiale è ormai consolidato, e il trend di crescita per l’immediato futuro è motivo di importanti investimenti aziendali, in vari ambiti del digitale.

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Criptovalute Denaro virtuale

Quando si parla di “digitale” e “virtuale” spesso non si considera che esiste, anche nella tecnologia, una differenza neanche troppo sottile tra i due concetti, anche e soprattutto in ambito economico: e questo vale anche per il denaro virtuale.

Con la dematerializzazione del contante si è fatta strada la nuova economia digitale, fatta di pagamenti da app, smartphone, addirittura smartwatch di ultima generazione, con sistemi di sicurezza che prevedono il riconoscimento facciale o delle impronte digitali, i codici temporanei, i QR Code.

Nondimeno il web ormai è dominato dall’e-commerce di prodotto e dalle sottoscrizioni di servizi digitali, effettuati per mezzo di carte di credito funzionanti online, tramite e-wallet come PayPal, oppure attraverso carte prepagate o codici ricaricabili usa-e-getta.

Tutti questi metodi di pagamento digitale con denaro virtuale, favoriti anche da programmi istituzionali volti a promuovere il sistema cashless, sono sempre e comunque riferiti a denaro reale, e dunque connesso agli istituti bancari, alle Banche centrali, e alle normative e regole di riferimento nei vari paesi. Si tratta, in poche parole, di contanti in formato digitale, ma essi sono sempre e comunque immediatamente disponibili e mantengono, di fatto, i criteri di spendibilità dei soldi fisici, dal valore intrinseco ai meccanismi di cambio valuta.

Cosa si intende, allora, per denaro virtuale, e quali sono le differenze rispetto a quello digiale?

Il denaro virtuale per eccellenza è senza dubbio la criptovaluta. Il suo elemento distintivo è il fatto di essere una rappresentazione di moneta virtuale composta da codici crittografici e utilizzabile soltanto da chi è in possesso delle chiavi, con la finalità di effettuare acquisti o scambiare valore. Tale valore – e questo è un punto cardine – non è soggetto alle regole di funzionamento delle banche nazionali e degli istituti di credito o governativi, ma si tratta di monete virtuali del tutto indipendenti da questi circuiti, funzionando per mezzo di un sistema “blockchain”.

La ripercussione della criptovaluta sull’economia reale è però un dato di fatto: basti pensare agli investimenti in criptomonete nel Metaverso, che entro il 2024 raggiungeranno gli 800 miliardi di dollari di transato, grazie anche all’intuito di grandi aziende di fama internazionale, che ne hanno compreso il potenziale di crescita. Da “Gucci Town” allo studio d’arte RTFKT Studios acquisito da Nike per il merchandising delle sneakers, passando per l’espansione dei marchi di lusso di Alibaba, i terreni virtuali e gli spazi del Metaverso sono ormai una realtà parallela ambita dalle grandi case di moda – e non solo – anche e soprattutto a fini commerciali.

Il Metaverso è anche il non-luogo in cui si costruiscono vere e proprie realtà imprenditoriali sui terreni in vendita, come nel caso della sala da poker “Ice Poker”, attiva nella realtà iper virtuale di “DecentraLand”. Gli utenti autenticati possono partecipare ai tavoli e vincere monete e fiches da convertire in criptovalute. Il principio è lo stesso di quello che si riscontra nei casinò online sicuri con soldi veri, dove per “sicuri” si intende autorizzati da ADM, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato: le eventuali vincite a carte, alle slot, al tavolo verde sono dunque riscattabili in forma di crediti da trasferire al conto che si è scelto al momento della registrazione. In questo caso dunque l’impatto dell’economia virtuale è tutt’altro che astratto, come nel caso di alcuni giochi o app gratuite.

Anche quando le app di gioco sono gratuite, tuttavia, esiste una sorta di economia interna al mondo videoludico, fatta di contenuti pubblicitari o inserzioni – forma di sostentamento di molte applicazioni – come anche di microtransazioni cosiddette “in-game” o “in-app”. Da League of Legends ai prodotti “Electronic Arts”, tanto per fare un esempio, questo tipo di acquisti, che riguardano prevalentemente oggetti di gioco, arrivano a valere miliardi di incassi, al pari della vendita di centinaia di titoli. La sola Electronic Arts nel 2021 ha ottenuto profitti netti dalle microtransazioni parti a circa 800 milioni di dollari.

Si tratta, in poche parole, di una forma di economia che trova slancio nell’intrattenimento digitale, anche quando dagli utenti quest’ultimo viene percepito come gratuito. Questo aspetto, peraltro, è anche quello che muove un altro trend connesso al comparto entertainment, ovvero quello dei guadagni a partire dalle visualizzazioni, su Youtube come su Twitch o altre piattaforme di streaming audiovisivo. Ebbene, i producer più influenti e seguiti dalla community, a seconda degli iscritti ai canali e delle visualizzazioni, riescono anche a ottenere importanti sponsorizzazioni da parte delle aziende connesse alla loro sfera di interesse, oltre a poter monetizzare “i click”, fino a trarne un vero e proprio stipendio.

Dopotutto, quando si parla di economia digitale, il concetto di denaro, essendo immateriale all’ennesima potenza, può connettersi alle più diverse attività: se ci si pensa bene, infatti, anche i dati personali che si inseriscono quando ci si registra a un sito o a una piattaforma hanno un proprio valore. Per le aziende che li richiedono questi vanno a costituire un database prezioso su cui impostare attività di marketing e profilazione. Per questo motivo, spesso, lasciando i propri dati su una form di autenticazione o registrazione si ha diritto a una ricompensa in forma di omaggio o prova gratuita di un servizio. I soldi non sono visibili, in questo processo, ma le prospettive di profitto aziendale ne sono alla base, con tutte le ripercussioni del caso.

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