Sanità italiana sempre più in difficoltà: scatta la stretta ai medici gettonisti

Problemi per i medici che si sono dimessi per iniziare una nuova realtà. Il problema della libera professione intramoenia dei medici, con molti che raddoppiano la paga ospedaliera.

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Aggressioni ai sanitari medici lea Sanità italiana fuga dei medici

Sanità italiana sempre più in difficoltà, specie per la carenza di personale medico ed infermieristico che s’aggraverà ulteriormente con lo stop all’utilizzo dei medici gettonisti entro l’anno, lotta alle liste di attesa anche attraverso una nuova organizzazione dei Centri unici di prenotazione Cup e più risorse da destinare al personale.

Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, dal Festival delle regioni a Torino, ribadisce alcune delle prioritàdell’esecutivo Meloni rispetto alla Sanità. Impegni condivisi anche dal premier Giorgia Meloni. «Veniamo da un periodo difficile, da una congiuntura economica difficile, ma il nostro Servizio sanitario nazionale è un patrimonio che va difeso nell’interesse di tutti e per questo stiamo operando», ha spiegato il ministro, indicando le priorità a breve termine. Lo sforzo, ha chiarito Schillaci, «deve andare in questa direzione: premiare economicamente e con percorsi di carriera più agili gli operatori del servizio sanitario pubblico ma, soprattutto, finalizzare le risorse, oltre che a pagare meglio gli operatori, a far sì che questi stessi operino per ridurre le liste di attesa».

Proprio le liste d’attesa che si allungano anche a 12 mesi per una visita specialistica rappresentano una delle maggiori criticità attuali del Ssn e Schillaci indica una possibile soluzione anche attraverso un nuovo modello organizzativo: è necessario «che tutte le prestazioni che sono erogate a carico del Ssn, e penso agli ospedali pubblici e alle strutture private convenzionate, vengano messe in un unico ReCup regionale. Appena possibile si dovrà istituire e mettere un’entità che governi e controlli l’applicazione e i tempi delle liste di attesa, regione per regione, per poter intervenire tempestivamente».

Altra questione calda è il fenomeno dei cosiddetti medici gettonisti. Nette le parole di Schillaci, che lancia un appello alle Regioni: «abbiamo avuto nel decreto bollette una stretta sui medici gettonisti, facciamo sì che adesso a fine anno la cosa finisca. E’ assurdo che dentro lo stesso ospedale pubblico ci siano persone pagate tre volte di più di chi lavora seriamente all’interno delle prestazioni pubbliche». Quindi «mi rivolgo ai presidenti delle Regioni perché vedrete – ha detto – che una volta che chiudiamo ai medici gettonisti, i medici torneranno al Ssn».

In questo quadro, i fondi previsti dal Pnrr per il capitolo sanità, pari a 15,6 miliardi, rappresentano una «straordinaria opportunità» per agire soprattutto su due fronti al fine di «ribaltare e aggiornare il servizio sanitario». Il primo fronte è quello della medicina territoriale, mancata durante il Covid. Per potenziarlaentreranno in gioco le case di comunità per le quali però sussiste, rileva Schillaci, un problema di personale. La preoccupazione è legata al rischio, avverte, di costruire «cattedrali nel deserto e non riempirle».

L’altro fronte è quello della digitalizzazione e della telemedicina: «credo che questo rappresenti la vera rivoluzione che stiamo mettendo in campo e lo strumento migliore per superare le tante inaccettabili diseguaglianze che ancora ci sono oggi nel nostro Ssn», ha detto Schillaci.

Una svolta del Ssn, quella disegnata dal ministro, che risulta però impossibile sulla base dei fondi stanziati, è la posizione della fondazione Gimbe. La sanità pubblica italiana, avverte la fondazione, «va verso il baratro» a causa del crollo del rapporto tra spesa sanitaria e Pil, che quest’anno si ridurrà dal 6,7% al 6,6%, scenderà al 6,2% nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1% nel 2026. Secondo un’analisi indipendente di Gimbe della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) 2023 sulla spesa sanitaria, è infatti «del tutto evidente – commenta il presidente Nino Cartabellotta – che l’irrisorio aumento della spesa sanitaria di 4.238 milioni di euro (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi». In altri termini, le stime previsionali della Nadef 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026, conclude, «non lascianoaffatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario, ma certificano piuttosto evidenti segnali di definanziamento».

Ma c’è anche la questione della libera professione dei medici all’interno degli ospedali, la cosiddetta attivitàintramoenia”, legittima ma che rischia di distrarre i professionisti dalla loro missione principale di erogareservizi ai cittadini solo con il pagamento del ticket. Fa discutere vedere come molti medici, spesso primari,riescano a più che raddoppiare la paga erogata dagli ospedali con la libera professione (arrivando a denunciare anche oltre 300.000 euro l’anno nel 2022 come accaduto in Trentino) erogata proprio all’interno degli stessiospedali a pagamento, spesso offrendo prestazioni sanitarie con tempi d’attesa decisamente ridotti rispetto a quella della richiesta ordinaria. Anche in questo contesto della sanità italiana, il ministro Schillaci dovrebbe intervenire.

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