Federmeccanica, in un settore che tradizionalmente è il laboratorio di innovazione sul fronte contrattuale, guarda alla scadenza del contratto dei metalmeccanici nel 2024 per innovare ancora, con un “Ccnl Esg”, un contratto di lavoro legato a obiettivi ampi di sostenibilità, oltre ad un «patto Mech In Italy per la produttività».
Questi i «due grandi obiettivi» che il presidente degli industriali metalmeccanici, Federico Visentin, lancia dall’assemblea generale, due giorni di approfondimento e confronto, anche con governo e sindacati, al campus H Farm in provincia di Treviso.
«Il problema della produttività va risolto con un’azione di sistema – dice Visentin -. E’ giunto il momento di fare un passo deciso, da fare insieme, che veda impegnati tutti coloro che possono dare un contributo per realizzare cinque grandi progetti strategici di rilievo nazionale».
Una linea di azione in cinque capitoli: «il primo dedicato alla generazione di manodopera e “mentedopera”qualificata. Il secondo: politiche utili a favorire la crescita delle imprese industriali». Poi, «sostegno diretto e indiretto all’innovazione della manifattura», «migliorare il rapporto tra profittabilità delle imprese e redistribuzione», «promuovere il lavoro, il merito e tutti i mestieri dell’industria».
All’interno, nodi come il taglio del cuneo fiscale che deve essere strutturale, esteso a tutti i lavoratori e senza impatto sulle pensioni, sostegno alla crescita delle imprese anche con in campo Cassa depositi e prestiti, formazione e gestione dei flussi migratori per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro.
Nella visione di Federmeccanica un contratto Esg, con «uno scopo alto» e «misure concrete», può vincere la sfida di una «piena convergenza tra competitività e sostenibilità», è «una grande opportunità per continuare sulla strada del rinnovamento contrattuale e culturale avviata nel 2016», per confermare il contributo del Ccnldei metalmeccanici «da sempre pionieristico nella ricerca di soluzioni all’avanguardia».
Contratto, salari e inflazione: nel settore è un cortocircuito e Federmeccanica si rivolge al Governo. Lo «scostamento significativo» tra le previsioni Istat sull’inflazione (l’Ipca) ed il dato a consuntivo ha portato, con gli automatismi contrattuali, a riconoscere «incrementi molto elevati» dei salari, «un grave danno alle aziende che si sono trovate costrette a sostenere costi non previsti senza poter adottare le necessarie misure per attutirne l’impatto».
Dalla stima di un incremento di 27 euro legato alle dinamiche contrattuali si è saliti a 88 in base all’inflazione programmata poi, «a sorpresa», a 127 euro con il dato dell’inflazione definitivo. Gli industriali rilevano che sono soldi andati anche nelle casse dello Stato tra tasse sul lavoro e contributi: un «extragettito», «serve ora un’azione immediata» – chiedono – per rimettere queste risorse «in circolo a favore delle imprese. Per esempio attraverso la decontribuzione degli incrementi riconosciuti».
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