Germania, i piani verdi azzoppano l’economia

Sinn: «siamo nuovamente il malato d’Europa». L’industria inizia a ribellarsi alle imposizioni europee che finiscono solo con il favorire la Cina. Berlino a rischio di deindustrialzzazione.

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industria tedesca germania in recessione

La Germania è ancora una volta il “malato d’Europa”, secondo Hans-Werner Sinn, presidente emeritodell’istituto Ifo, uno dei principali pensatoi economici teutonici.

«Non è un fenomeno a breve termine – ha detto Sinn, il principale economista tedesco -. Ciò ha a che fare con l’industria automobilistica, che è il cuore dell’industria tedesca e molte cose dipendono da questo» affermando che i dubbi degli investitori sulla fattibilità degli obiettivi di sostenibilità della Germania giocano anche nella descrizione del paese come «il nuovo malato d’Europa».

Un obiettivo attualmente nel mirino del governo tedesco è quello di diventarecarbon neutralentro il 2045. Questi piani sono diventati particolarmente importanti quando l’Europa ha cercato di staccarsi dalle forniture di gas russo in seguito all’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte del Cremlino e i prezzi dell’energia sono aumentati vertiginosamente dopo anni di prezzi sottocosto del gas russo. Alcuni hanno descritto le ambizionidella Germania di abbandonare il gas russo come «estremamente ottimistiche», soprattutto alla luce degli obiettivi climatici del Paese.

Sinn ha poi affermato che la dipendenza da tecnologie rinnovabili come l’eolico e il solare causerebbe un «problema di volatilità», che potrebbe porre problemi alle imprese. «Bisogna colmare quelle lacune con l’energia convenzionale, quindi è molto difficile avere questa doppia struttura che dovremo sostenere in futuro – ha proseguito Sinn -. Da un lato l’energia verde volatile e, dall’altro, l’energia convenzionale per colmare le lacune ha un costo doppio. Si tratta di un costo energetico elevato e non è positivo per l’industria. È un percorsodifficile».

Secondo una ricerca pubblicata ad agosto da Berenberg, la Germania potrebbe perdere dal 2% al 3% della sua attuale capacità industriale, poiché le aziende trasferiscono le operazioni in paesi dove gas ed elettricità sono più economici, come gli Stati Uniti o l’Arabia Saudita, che praticano anche ampi incentivi all’insediamento di nuovi siti produttivi. L’incertezza sui prezzi dell’energia ha probabilmente contribuito a un «crollo della fiducia» delle imprese, ha scritto nella nota Holger Schmieding, capo economista di Berenberg. Ha aggiunto che «l’attuale incertezza politica e lo sgomento per i piani governativi inadeguati non sono fattori strutturali che sembrano destinati a frenare a lungo l’economia tedesca».

L’opinione pubblica tedesca inizia a dare chiari segnali di disincanto nei confronti del passaggio a un’Europa più sostenibile, con il cosiddetto “greenlash” (letteralmente il “colpo verde” contro l’agenda ambientale) che emerge mentre le persone avvertono l’impatto dei costi, specie ora che il suo principale artefice dalla tolda della Commissione europea, l’olandese Frans Timmermans, si è dimesso per affrontare una sfida politica nazionale, lasciando il posto ad un commissario decisamente meno talebano sul fronte ambientalista.

Sinn ha suggerito che ci sarebbero conseguenze politiche come risultato dell’attenzione alla sostenibilità: «c’è chiaramente una reazione negativa… La popolazione ora si sta spostando a destra» riferendosi alla popolarità del partito di destra Alternativa per la Germania, che ha vinto per la prima volta le elezioni del consiglio distrettuale a giugno.

Intanto l’industria tedesca teme gli extracosti della manifattura tedesca e la competitività di quella cinese, che s’avvantaggia di maggiori sostegni statali e da costi operativi minori, a partire da quelli dell’energia e dei minori obblighi di riduzione dell’impatto ambientale.

Ha fatto discutere la decisione di Volkswagen tagliare decisamente il prezzo del suo veicolo elettrico di punta sul mercato cinese per reggere la concorrenza. Se in Italia il prezzo dell’ID.4, il suv 100% elettrico, è «a partireda 56.700 euro IVA inclusa», la joint venture Volkswagen in Cina, FAW-VW, propone la stessa ID.4 a 145.900 yuan (20.060 dollari), circa 18.700 euro. Una differenza decisamente notevole. E questo non è che l’inizio, con tante case europee impreparate a reggere la concorrenza automobilistica cinese che sta arrivando in forze specie sui segmenti inferiori del mercato dell’auto, spingendo fuori i prodotti tradizionali europei, troppo carianche per i consumatori continentali per via degli obblighi antinquinamento sempre più restrittivi.

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