Acquedotti: qual è la reale situazione in Trentino?

Il vicepresidente Tonina sparge numeri a caso: si va da perdite che assommerebbero al 31% secondo l’Istat del 2020, al 15% della Giornata dell’Acqua 2021 al 40% dichiarato nel 2022 dalla delibera Pat per chiedere contributi straordinari allo Stato che non arriveranno mai.

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Quale è la reale situazione degli acquedotti in Trentino? Quella realtà ordinaria fotografata dall’Istat nel 2020secondo cui le perdite ammontavano al 31% dell’acqua veicolata negli impianti, oppure quella estremamente virtuosa scaturita nella Giornata dell’Acqua 2021 di Legambiente secondo cui le perdite nella rete trentina erano di fatto trascurabili, quantificate in un misero 15%? O, ancora, la situazione simile alle peggiori realtà italiane con perdite del 40% messe nero su bianco in un documento dell’assessore all’Ambiente del Trentino, Mario Tonina, che ha pure chiesto allo Stato un finanziamento da ben 140 milioni di euro nell’ambito del Pnrr per il rifacimento di parte della rete trentina, specie quella gestita direttamente dai comuni?

Sarebbe bello saperlo. Intanto, le cifre ballano e hanno destato l’attenzione di molti operatori del settore che si interrogano sulla reale situazione, anche alla luce dei fatti che hanno caratterizzato le cronache dell’estate 2023 con parecchi casi di disservizi degli acquedotti, specie quelli delle realtà di montagna, dove si sono ripetute ordinanze di divieto di utilizzo potabile delle acque e obbligo di bollitura preventiva e con molti casi di colore non proprio invitante dell’acqua sgorgante dal rubinetto, seppur ancora potabile.

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Sembrerebbe che il vero dato sia che non ci sono dati e senza dati si fa fatica a fotografare la situazione reale.

Per quanto riguarda il PNRR, sulla linea intervento riduzioni perdite idriche, il Trentino Alto Adige ha candidato 61 progetti, ma nessuno è stato finanziato, mentre 23 sono stati ammessi ma non finanziati e 38 nemmeno ammessi. Considerando che il primo ammesso non finanziato è al 49° posto è praticamente impossibile che il Trentino Alto Adige veda un euro dal PNRR.

Molto probabile che l’assessore e vicepresidente del Trentino Tonina debba mettersi il cuore in pace, visto che i 140 milioni chiesti dal Trentino a Roma non arriveranno mai. E gli stessi amministratori locali farebbero bene ad intervenire il prima possibile sulle loro reti acquedottistiche implementando il prima possibile una gestione più efficiente ed imprenditoriale delle infrastrutture, anche a costo di un ritocco al rialzo delle attuali tariffe, spesso irrisorie che contribuiscono nei fatti a non contenere i consumi e gli sprechi di acqua.

L’assessore Tonina che deve fronteggiare anche la concorrenza elettorale all’interno della sua colazione di centro destra che già gli ha scippato la poltrona da vicepresidente, punta probabilmente ad una drammatizzazione della situazione, alzando la posta per assurgere a colui che alla fine dispenserà risorse ai singoli comuni prelevandoli da un bilancio dell’Autonomia speciale che proprio anche grazie alla sua gestione si è drammaticamente eroso, riducendole possibilità di spesa e di investimento.

Ma anche se da Roma arrivassero tutti i 140 milioni di euro richiesti dal Trentino per rifare la rete di acquedotti colabrodo specie dei comuni di montagna, sorgerebbe un ulteriore problema, perché spendere 140 milioni nei 3 anni rimanenti di vigenza del Pnrr, anche se i progetti fossero già pronti – e in molti casi non lo sononon sarebbe facile spenderli per realizzare i nuovi impianti, considerando che per svolgere gare anche con le procedure accelerate servono almeno 6 mesi e che nel tempo residuo – due anni e mezzo – la produzione delle imprese aggiudicatarie(ammesso che partecipino alle gare) dovrebbe avere una media di circa 300.000 €/giorno, costante per l’interoperiodo. Cosa decisamente impossibile, a meno di veicolare migliaia di operai e di relativi macchinari per mettere a soqquadro gran parte delle vie cittadine, 24 ore su 24.

Il problema delle perdite non va comunque sottovalutato come qualcuno vorrebbe fare, adducendo che le perdite della rete finiscono con l’alimentare le falde freatiche e, da qui, nuovamente gli acquedotti che prelevano l’acqua a scopi potabili. Troppo facile, perché si dimentica che l’acqua dispersa nel terreno, oltre a compromettere la qualità igienicadella stessa fornita ai consumatori, finisce con il mettere in crisi la staticità delle opere pubbliche dove la perdita si verifica – e non sono rari i casi di voragini che si verificano nel sedime stradale – talvolta rischiando anche la staticitàdegli edifici che fronteggiano l’evento.

Di fatto, l’uscita dell’assessore Tonina sembra essere soprattutto una speculazione a fini elettorali, buona per richiamare l’attenzione su un personaggio che – come gran parte dell’attuale giunta Fugattipare essere giunto a fine corsa.

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