Pil Italia: il II trimestre chiude in ribasso più ampio del previsto a -0,4%

Aumentano i problemi per la Finanziaria 2024. Per Unimpresa, sulle Pmi italiane c’è un eccesso di controlli fiscali.

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L’economia italiana frena più del previsto e complica il lavoro del governo alle prese con la Nadef, che andrà varata entro il 27 settembre: secondo l’Istat, il Pil Italia del II trimestre 2023 è stato rivisto al ribasso allo –0,4%contro il -0,3% comunicato in sede di stima preliminare. La crescita tendenziale rallenta allo 0,4% dallo 0,6%, mentre il dato acquisito per il 2023 scende a +0,7% da +0,8%, allargando il dato rispetto alle previsioni del governo Meloni nel Def con un obiettivo di incremento del prodotto per il 2023 pari all’1%.

A determinare la flessione del Pil Italia è stata soprattutto la domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo. Sul piano interno, l’apporto dei consumi privati è stato anch’esso nullo, mentre sia quello della spesa delle amministrazioni pubbliche sia quello degli investimenti è risultato negativo. Positivo il contributo delle scorte, per 0,3 punti percentuali.

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Nel secondo trimestre dell’anno il Pil Italia ha registrato un risultato inferiore a quello della media europea e dei principali partner. A fronte del -0,4% registrato dall’economia italiana, il Pil è cresciuto in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia ed è rimasto stabile in Germania. In termini tendenziali, rispetto al +0,4% italiano, si è registrata una crescita del 2,6% negli Stati Uniti e dello 0,9% in Francia, mentre si registra una diminuzione dello 0,1% in Germania. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nel confronto con il secondo trimestre del 2022.

Intanto, il fisco si accanisce su piccole imprese e partite Iva, mentre “snobba” i grandi contribuenti. Secondo il Centro studi di Unimpresa, solo l’1,4% dei controlli fiscali riguarda le aziende maggiori: sul totale di 106.238 verifiche eseguite nel 2022 dall’amministrazione finanziaria, 1.469 riguardano soggetti di dimensioni rilevanti e, di queste, appena 18 si riferiscono ad accertamenti di imposta superiori a 25 milioni di euro. Sono, invece, 75.930 (il 71,5% del totale) le ispezioni sulle piccole imprese e 18.328 (17,3%) quelle eseguite su professionistie Partite Iva. Secondo Unimpresa, il 65,5% delle ispezioni del fisco si riferiscono ad accertamenti di tasse non pagate per importi fino a 25.000 euro.

«La delega fiscale dovrà riequilibrare anche questo aspetto, se davvero si vuole ristabilire un rapporto equo e corretto tra il fisco e il tessuto economico del Paese. Lo Statuto del contribuente ha più di 20 anni, ma sin dalla nascita è rimasto, sostanzialmente, un libro dei sogni – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara-. Mi rivolgo, in particolare, al ministro Matteo Salvini, che nei giorni scorsi ha invocato la necessità di aggredire i grandi soggetti, anche quelli internazionali, per cercare di imporre una tassazione maggiore nel nostro Paese e soprattutto più in linea con i profitti realizzati in Italia: spero che i nostri numeri siano di supporto al ministro Salvini e aiutino le commissioni speciali create dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, per mettere a punto la delega fiscale attraverso i vari decreti delegati».

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