La sostenibilità ambientale cresce nella “Blue economy” italiana

Analisi di Federterziario sul comparto. Servizi di alloggio e ristorazione, pesca e itticoltura da soli valgono circa 16 miliardi di valore aggiunto.

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sostenibilità ambientale

Pesa in maniera significativa la sostenibilità ambientale sui risultati delle oltre 140.000 imprese che producono 16 miliardi di valore aggiunto per i servizi di alloggio e ristorazione e per la filiera ittica su un totale di quasi 230.000 aziende della cosiddetta “Blue economy”, l’economia legata al mare.

Il dato è contenuto in uno studio di Federterziario in relazione ai numeri dell’ultimo Rapporto sull’Economia del mare del Centro studi Tagliacarne che si sofferma sulla spinta che la sostenibilità ambientale ha prodotto nello sviluppo di un settore variegato che tra il 2021 e il 2020 ha visto crescere del 9,2% il valore aggiunto complessivo. Poco meno del 20% delle imprese dell’economia del mare ha acquisito una certificazione ambientale (8,3% nel totale dell’economia) e il 60% ha effettuato, a intensità differenti, investimenti in responsabilità sociale ed ambientale (24% nel totale dell’economia). Una corsa che deve proseguire fornendo gli strumenti adeguati a imprenditori e dipendenti.

«Le stime nazionali – spiega Emanuela D’Aversa, responsabile ufficio relazioni industriali Federterziario – confermano la percezione sulle nostre 85.000 imprese associate, molte delle quali appartengono alla “blue economy” o al suo indotto. In questo senso crediamo che sia fondamentale ribadire l’importanza dei progetti innovativi nell’ottica della transizione verde. Lo scorso 25 aprile il Parlamento europeo ha deliberato che le grandi imprese saranno obbligate a identificare e, se necessario, prevenire, eliminare o mitigare l’impatto negativo delle loro attività, e quella dei loro partner commerciali, sui diritti umani e sull’ambiente. Per andare verso questa direzione abbiamo bisogno di avere dipendenti e imprenditori formati a tutti i livelli e anche per questo rinnoviamo il nostro appello alla necessità di aprire i fondi interprofessionali ai microimprenditori».

Per Federterziario la centralità delle politiche attive del lavoro col potenziamento dei Fondi interprofessionali è una necessità improcrastinabile. Si tratta di iniziative che servono per migliorare la presenza sul mercato di migliaia di Pmi tramite la formazione continua che andrebbe estesa ai piccoli imprenditori e alle persone non ancora assunte e quindi da formare per supportare le imprese nel loro cammino verso la sostenibilità ambientale.

Il percorso è tracciato dai numeri: da un’analisi interna delle imprese associate di Federterziario è emerso che, nel corso del triennio 2019-2022, si è registrata una crescita del 14% e del 21% sul fronte del personale formatoin sostenibilità ambientale e digitalizzazione.

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