Il Trentino dell’Autonomia speciale guidato dal leghista Maurizio Fugatti ha un record negativo di cui avare poco fiero: le retribuzioni dei lavoratori più basse del NordEst secondo un’indagine condotta da Cgil, Cisl e Uil.
I sindacati hanno analizzato il mercato del lavoro in Trentino sulla base dei dati dell’osservatorio dell’Agenzia del lavoro riferiti ai primi cinque mesi 2023, da cui emerge un saldo occupazionale positivo ma le retribuzioni restano troppo basse, specie se confrontate con il vicino Alto Adige e con il costo della vita che in Trentino è superiore per circa 3.000 euro/anno rispetto al dato medio nazionale.
Secondo la Triplice sindacale trentina l’andamento del mercato del lavoro in Provincia «è in chiaro-scuro. Ci sono aspetti positivi, come la crescita delle stabilizzazioni e la dinamica del saldo tra assunzioni e cessazioni, ma non si nascondono le preoccupazioni per le criticità che emergono dallo studio. Il saldo positivo – affermano Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Walter Largher, rispettivamente responsabili delle politiche del lavoro di Cgil, Cisl e Uil – dimostra la tenuta del tessuto economico locale, pur in un generale quadro di rallentamento, che si riflette nella riduzione delle assunzioni. Positivo è anche il dato sulle stabilizzazioni, mentre resta ancora eccessivo il ricorso a forme contrattuali precarie per le nuove assunzioni».
Quanto al livello di remunerazione del lavoro, per Zabbeni, Pomini e Largher in Trentino «le retribuzioni sono le più basse del NordEst e questo è un dato negativo, così come esiste un problema di precarietà soprattutto per giovani e donne. È importante investire in politiche del lavoro che facilitino l’inserimento lavorativo di giovani e donne. E’ innegabile che la qualità del lavoro si leghi anche alla competitività e all’innovazione delle nostre imprese».
Un tema su cui il governo leghista guidato da Maurizio Fugatti ha clamorosamente fallito, allargando ancora di piùil solco che divide il Trentino dall’Alto Adige, che si riflette anche sulle risorse disponibili per il bilancio provinciale(quasi due miliardi di euro in meno), visto che l’Autonomia speciale è finanziata al 90% dal gettito tributario generato dall’economia locale.
Cgil, Cisl e Uil reclamano più attenzione dalla politica «su politiche industriali che sostengono gli investimenti per rendere più competitivo, innovativo e produttivo il tessuto produttivo locale, per intercettare le opportunitàdell’innovazione tecnologica, digitale, della transizione ecologica nella sua ampia declinazione. Restiamo convinti che su questo fronte vi siano ancora enormi spazi di miglioramento, a partire dalla selettività degli incentivi pubblici alle aziende».
Una sfida che toccherà al nuovo governo provinciale che si insedierà tra due mesi, che dovrà fare un enorme sforzoper recuperare il deficit accumulato non solo negli ultimi cinque anni a guida Fugatti, ma anche indietro a quelli governati da Rossi e Dellai. Una sfida per cui servono amministratori capaci, competenti e lungimiranti dotati di una visione strategica del territorio, agli antipodi di quelli uscenti, capaci di manovrare tutte le leve consentitedall’Autonomia speciale per recuperare capacità di reddito e di crescita per le aziende e per i lavoratori locali.
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