Mercato dell’auto in Italia non decolla per il mancato rilancio delle auto aziendali

L’equiparazione europea del regime fiscale italiano rimandato a nuova data. Intanto l’auto elettrica affonda i bilanci di Volkswagen e di Bmw.

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mercato dell'auto

A luglio il mercato dell’auto in Italia, secondo i dati diffusi dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ha totalizzato 119.207 immatricolazioni di autovetture (+8,8%) rispetto alle 109.611 unità registrate a luglio 2022. Nei primi sette mesi dell’anno i volumi totali segnano 960.765 unità, con una crescita del +21% sull’analogo periodo 2022, rimanendo ancora fortemente negativo (-22,3%) sul 2019, ultimo annoregolare” per il mercatodell’auto.

A rallentare il mercato dell’auto il costo dei veicoli nuovi sempre in salita, con quotazioni stellari per quelli elettrici, il ridotto potere d’acquisto dei consumatori alle prese con l’inflazione galoppante, le attese per una nuova campagna di incentivi per gli acquisti che tarda ad arrivare e, soprattutto, la mancata equiparazione dell’autoaziendale italiana al regime ordinario fiscale europeo, con la deducibilità al 100% del costo d’acquisto e di gestione.

Per Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, la Federazione dei concessionari auto, «la totale assenza di misure sull’auto aziendale nel DDL che delega il Governo a riformare il sistema fiscale, al contrario di quanto inserito nelle prime bozze del provvedimento, ci lascia fortemente preoccupati. Ancora una volta non si è compreso come operando una revisione strutturale del regime fiscale degli autoveicoli, in armonia con quanto accade negli altri Paesi UE, si possa agevolare una transizione verso una neutralità climatica realmente sostenibile per tutti gli attori della filiera e velocizzare lo svecchiamento del parco circolante. È stata persadunque un’altra grande occasione per rivedere i criteri e le aliquote utilizzate da imprese e professionisti per la gestione delle flotte auto aziendali, nell’ambito del più ampio progetto di rivisitazione dell’impostazionetributaria in Italia».

Intanto, a livello globale, l’elettrificazione della mobilità inizia a frenare consistentemente anche in quei paesi che, forti di elevatissimi incentivi pubblici, avevano guidato la corsa all’elettrico, salvo rallentare sempre di piùman mano che gli incentivi si riducevano e alla presa di coscienza dei consumatori che l’auto elettrica di tecnologia attuale si sta rilevando una colossale sòla ambientale oltre che economica e gestionale, specie per i malcapitati acquirenti che si trovano a sopportare spese di riparazione e di assicurazione decisamente più alterispetto ad un veicolo analogo con motore termico.

Non solo: il mancato decollo delle vendite di veicoli elettrici stanno affondando i conti economici delle multinazionali europee dell’auto, ad iniziare da Volkswagen – la protagonista dello scandalo delle emissioni ambientali truccate dei motori Diesel che ha portato alla virata sull’elettrico e alle prese anche con le pressionidel governo tedesco che vuole un progressivo disinvestimento dal mercato cinese – e di Bmw.

Le case europee farebbero meglio a lasciare l’elettrico a chi non ha la competenza tecnologica nell’efficienzadel motore termico e nel Diesel in particolare e correre a rilanciare il motore migliore per efficienza intrinsecaed impatto ambientale complessivo, recuperando la preminenza che spetta al propulsore a gasolio nel mondo.

Parimenti, alla politica europea tocca intervenire per fare cessare le politiche di dumping dei costruttori cinesi assistiti dal loro governo che rischiano di fare fallire numerose marche europee, specie quelle presenti nelle fasce più basse del mercato, cancellando il divieto alla commercializzazione dei motori termici al 2035, divieto che costituisce un danno triplo all’ambiente, all’economia e alla competitività della manifattura automobilistica europea.

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