L’ultimo monitor dei distretti agroalimentari italiani, aggiornato al 31 dicembre 2022 realizzato a cura della direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo evidenzia un aumento dell’export pari al 12,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un valore complessivo di 25 miliardi di euro. Un risultato in linea con la crescita complessiva dell’export agroalimentare nazionale (+15,3%), di cui i distretti coprono il 44% in terminidi valore.
Il comparto dei prodotti alimentari trasformati segna un +17,7%, a fronte di un indice dei prezzi esteri che, nello stesso periodo, si attesta al + 13,1% rispetto al 2021. Il vino è la prima filiera per valori esportati, con oltre 6,6 miliardi di euro (+9,4%) e un incremento di 570 milioni rispetto al 2021. Spiccano, in modo particolare, i balzi in avanti del distretto del Prosecco di Conegliano–Valdobbiadene (+25,3%), seguito dai vini dei colli fiorentini e senesi (+11,6%). Crescono anche il distretto dei vini di Langhe, Roero e Monferrato (+3,9) e del veronese (+6,7%).
La filiera della pasta e dolci vola oltre i 4,4 miliardi di euro nel 2022: quasi 720 milioni in più rispetto al 2021 (+19,3%). Molto bene anche l’export di pasta e dolci dell’alimentare di Parma (+18,1%), dell’alimentare napoletano (+45,3%) e dei dolci di Alba e Cuneo (+8,9%).
La filiera dei distretti agricoli evidenzia tuttavia un rallentamento della crescita, che si attesta a +1,6%, sia per gli aumenti dei costi di produzione, sia per il calo delle rese dei raccolti provocato dalla siccità del 2022.
Il distretto dell’ortofrutta del Barese è in testa con il +24,2%, seguito dal distretto dell’agricoltura della Piana del Sele (+8,8%). In calo sia il distretto della nocciola e frutta piemontese, sia il florovivaistico di Pistoia. Buon risultato per l’ortofrutta romagnola (+2,1%). I distretti delle conserve crescono a +23,6%, con il risultato particolarmente rilevante delle Conserve di Nocera (+25,6%).
La filiera delle carni e dei salumi cresce del 7,3% e guadagna 166 milioni, di cui ben 120 coperti dal distretto dei Salumi del modenese (+16,7%). Arretrano lievemente, invece, le carni di Verona e il Prosciutto di San Daniele dopo gli exploit degli anni precedenti.
Nel lattiero-caseario, in calo il distretto di Reggio Emilia (-29,8%), a differenza del Parmense (+8,5%) e del lattiero-caseario della Lombardia sud-orientale (+19,9%). Boom dell’export per la Mozzarella di bufala campana (+30,2%); in recupero il Lattiero-caseario sardo (+10,1%).
Altra forte accelerazione tra i distretti agroalimentari italiani riguarda la filiera dell’olio (+27,6%) con l’Olio toscano a +27,9% e l’Olio umbro al +22,9%, mentre il comparto olio del distretto dell’Olio e pasta del barese segna un +36,6%. Il comparto oleario è uno di quelli che hanno conosciuto un maggiore incremento di prezzo.
I due distretti risicoli portano a casa insieme oltre 130 milioni in più rispetto al 2021 (+24,6%) con il Riso di Vercelli a +17,4% e il Riso di Pavia che guadagna quasi 80 milioni in più. Per quest’anno, tuttavia, si prospetta un forte calo per via della siccità, con quasi 8mila ettari di riso coltivati in meno: secondo Coldiretti, il minimo storico da trent’anni.
I distretti del caffè continuano la loro corsa sui mercati esteri (+19,9% nel 2022): il caffè, confetterie e cioccolato torinese (+21,8%), il caffè di Trieste (+16,5%), il caffè e confetterie del napoletano (+16,9%). In ascesa, infine, anche il distretto dell’Ittico del Polesine e del Veneziano (+5,7%).
Per quanto riguarda i mercati di destinazione, anche nel 2022 la Germania è stata il primo acquirente per i distretti agro-alimentari, con un totale di 4,6 miliardi (+8,7%). A seguire gli Stati Uniti, con oltre 3,2 miliardi di euro, e la Francia con circa 2,9 miliardi. Il Regno Unito è in ripresa (+13%), mentre le economie emergenti raggiungono la soglia del 20%, nonostante il crollo verticale dell’export verso Cina (-25,8%) e Russia (-12,3%).
I risultati all’esportazione dei distretti agroalimentari italiani potrebbero fare ancora meglio se il neonato ministero della Sovranità alimentare saprà effettivamente combattere il fenomeno dell’”italian sounding”, ovvero delle imitazioni dei migliori prodotti Dop e Igp italiani realizzati all’estero, spesso in modo grossolano, che con livelli qualitativi decisamente inferiori rispetto agli originali, contribuiscono spesso a gettare in cattiva luceanche quest’ultimi. Si tratta di una guerra da vincere, anche perché il settore delle copie vale circa 60 miliardi di euro in valore di mancate vendite.
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