L’Italia cresce relativamente di più delle altre grandi economie europee, ma la forte incertezza sulle prospettive, soprattutto quelle dell’inflazione, torna ad abbattere la fiducia dei consumatori e delle imprese. Secondo la rilevazione dell’Istat, la sfiducia è generalizzata e colpisce tutti i settori ma in particolare prende di mira quello delle costruzioni.
Il Pil però dovrebbe reggere: secondo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, «l’auspicio» è che salgaall’1,2-1,4%, al netto delle ripercussioni della recessione tecnica in Germania che «qualche problema per la nostra industria lo creerà, ma ci sono i servizi che dovrebbero compensare». Anche il Fondo monetario internazionale alza la sua stima di crescita per l’Italia (+1,1%) e la avvicina a quella della Commissione europea(+1,2%), recentemente ritoccata al rialzo.
Il calo della fiducia si ripresenta dopo tre mesi in cui sulle prospettive economiche sembrava tornato l’ottimismo, complice il calo significativo dei prezzi dell’energia. E invece a maggio l’indice del clima di fiducia dei consumatori è calato da 105,5 a 105,1, e quello delle imprese è passato da 110,4 a 108,7.
L’Istat spiega che la flessione «esprime un generale peggioramento della fiducia» in tutti i comparti indagati: nella manifattura (da 102,8 a 101,4), nei servizi di mercato (da 105,5 a 104,1) e nel commercio (da 112,9 a 111,6). Più marcato il calo nelle costruzioni, da 164,2 a 159,4. Inoltre, su manifattura e costruzioni «tutte le variabili registrano un andamento negativo», così come negative sono tutte le componenti del commercio al dettaglio.
Per quanto riguarda la fiducia dei consumatori, si tratta di un ritorno ai livelli di marzo, prima del calo delle bollette, prima dei consumi energetici ormai ridotti dalla bella stagione. L’indice dei consumatori risentesoprattutto del deterioramento delle opinioni sulla situazione personale, corrente e futura. Peggiorano i giudizisulla situazione economica della famiglia (da -39,2 a -41,2) e anche le attese per il suo futuro (da -11,3 a -14,8). E crolla il giudizio sul bilancio familiare (da +14,2 a +8,1). Tutto nasce dalle opinioni sullo stato dell’economiaitaliana, che pure virano in negativo (da -80,7 a -80,9), così come le attese (da -21,8 a -24,8).
Il Fondo monetario invece non vede così nero nel futuro dell’Italia, prevedendo una crescita dell’1,1% nel 2023 e nel 2024, allineandosi alle ultime stime europee. Certo, i rischi sul quadro restano perché «politiche che rallentato la riduzione del debito o prolungati ritardi nel ricevere i versamenti di Next Generation EU – spiega il Fmi – potrebbero aumentare i timori di finanziamento. Uno stallo nei progressi dell’implementazione del Pnrrpotrebbe indebolire le prospettive future di produttività».
In questo contesto il governo dovrebbe attuare una politica di bilancio che affronti gli shock e protegga allo stesso tempo la sostenibilità dei conti pubblici. Perché «l’elevato debito pubblico» resta un problema, e viste «le più stringenti condizioni finanziarie, risparmiare le entrate inaspettate dall’inflazione e dalle modifiche contabili è consigliabile». Così come «un credibile piano di riduzione del debito di medio termine mitigherebbeulteriormente i rischi».
Come detto, sulla crescita italiana pesa la recessione in Germania dopo due trimestri consecutivi di calo, che potrebbe avere riflessi sulla catena della subfornitura della manifattura del Nord Italia, fortemente integrata con le aree industriali della Baviera e del Baden Wurttemberg. C’è chi teme che l’andamento negativo possa consolidarsi anche la prossima estate. Il Pil è calato dello 0,3% nel primo trimestre dell’anno, rivelano i dati dell’Istat tedesca, e questo dopo la contrazione dello 0,5% registrata alla fine del 2022. Dal ministerodell’Economia garantiscono inoltre che la ripresa ci sarà già entro l’anno, e il titolare, Robert Habeck, si è mostrato più preoccupato degli effetti nel medio periodo di problemi strutturali come il calo demografico – con la drammatica mancanza di forza lavoro – che delle difficoltà del momento, dovute all’inflazione e alla crisi energetica. Anche a Bruxelles si minimizza sul raffreddore tedesco.
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