Secondo l’indagine Confcommercio-Censis, gli italiani hanno un reddito disponibile «addirittura sotto di 150 euro in termini reali rispetto al 1995, quasi trent’anni fa», e i «timori sulla sicurezza del posto di lavoro» sono le cause principali che determinano «l’atteggiamento di scarsa propensione a fare figli», che parla di «anno della transizione» con due fattori in contraddizione: «fiducia elevata, consumi deboli».
Ne emerge, come spiega il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, che «nel 2022, a prezzi costanti, non abbiamo recuperato né il reddito disponibile pro capite del 2019 né, tantomeno, quello del 2007, cioè il massimo».
Gli italiani hanno un reddito reale a livelli inferiori a quelli del 1995. «Trent’anni di bassa crescita si sentono nelle nostre tasche e nei temi di disagio sociale e crescita della povertà assoluta» sottolinea Bella. Quanto alla propensione agli acquisti, tema centrale per i commercianti, «nel lungo periodo la spesa reale è andata un po’ meglio del reddito: abbiamo recuperato quasi i livelli del 2019, ma siamo sotto i massimi del 2007 ancora di 800 euro a testa».
Con la fiducia ai «massimi storici o quasi» ma con «intenzioni di acquisto non solo inferiori rispetto al 2022 ma addirittura inferiori al 2019» dal rapporto emerge «una contraddizione pericolosa». Le famiglie «sentono che le cose potevano essere peggio e tirano un sospiro di sollievo; l’occupazione in qualche modo è ai massimi, i sostegni pubblici hanno funzionato, i consumi, grazie a turismo, spettacoli e cultura, attirano e danno soddisfazione; però l’inflazione non è domata e gli aiuti pubblici si riducono (come per esempio abbiamo visto con l’inflazione di aprile dovuta in larga parte alla rimozione di alcuni sconti in bolletta)».
Anche sul fronte dell’aumento dei prezzi le stime appaiono rassicuranti: «guardando ai dati italiani nel complesso emerge che, senza ulteriori shock, il tendenziale dell’inflazione potrebbe tornare sotto il 6% già ad agosto e scendere sotto il 3% a ottobre, per finire sotto il 2,5% nella media del prossimo anno. Alcuni prezzi scenderanno a livello assoluto, come già ad aprile si è visto per la verdura, le uova, i prodotti tecnologici e alcuni servizi».
Eppure nonostante fiducia e prospettive incoraggianti, si spiega nel rapporto, «visto che il potere d’acquisto di redditi e risparmi si riduce, le famiglie percepiscono la necessità, se le cose non dovessero migliorare rapidamente, di ricostituire un adeguato livello di risparmio per fare fronte al contesto ancora caratterizzato dall’incertezza; maggiore risparmio vuole dire minori prospettive e intenzioni di spesa, come si legge nelle percentuali dichiarate»
«Il risparmio sta esaurendo il sostegno ai consumi e l’incertezza per l’inflazione e il rialzo dei tassi di interessecomprimono le intenzioni di acquisto – rileva il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli-. Si rischia di rallentare la ripresa, nonostante la fiducia delle famiglie sia alta. E’ fondamentale accelerare le riforme, in particolare quella fiscale, e utilizzare al meglio le risorse del Pnrr».
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