Economia italiana tra alti (pochi) e bassi (molti)

Cresce l’incertezza tra le imprese (terzo calo consecutivo nel manufatturiero) e tra i consumatori (riduzione potere d’acquisto). Tira solo il turismo, ma con dubbi sull’effettiva marginalità.

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economia italiana

L’economia italiana si muove tra alti (pochi) e bassi (molti), complicando non poco le capacità di manovra del governo Meloni che, nonostante s’affermi che il Belpaese va e bene, i problemi stanno crescendo giorno dopo giorno.

Tra i settori che tirano, sicuramente c’è il turismo che nel 2023 potrebbe superare l’ottimo record di presenze fatto registrare nel 2019, anche se iniziano ad emergere dubbi circa l’effettiva profittabilità della crescita, specie per il settore dell’accoglienza, alle prese con l’inflazione e il forte incremento delle spese di energia e gestione.

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Nel campo della manifattura ci sono invece problemi, perché fatta l’eccezione del settore connesso con l’automotive che sta vigorosamente riprendendo dopo la crisi della mancanza di componentistica elettronica, tutto il resto della manifattura è in calo e ad aprile l’Istat ha certificato il terzo calo consecutivo del settore produttivo, trainato al ribasso anche dall’andamento internazionale, a partire dalla Germania sull’orlo della recessione che è il principale settore di sbocco per la manifattura tricolore.

Dolori in campo dei consumatori, che in Italia vanno peggio che altrove, con il calo del potere d’acquisto nel 2022 del 3,6%, il generale rallentamento delle spese durevoli e pure di quelle ordinarie del cosiddetto “carrello della spesa”, con il generale spostamento dei consumi verso i beni basici.

Problemi anche per l’aumento dei tassi d’interesse che penalizzano le famiglie che hanno attivi mutui a tasso variabile o prestiti al consumo, che hanno aumentato decisamente le rate, con i mutui immobiliari praticamente raddoppiati e il credito al consumo che ha superato la soglia della doppia cifra. Male pure le imprese che si sono indebitate e pure la stessa Commissione europea presa in contropiede dai rialzi della Bce con il piano dei finanziamenti del Recovery plan.

Che dire, poi, delle spese obbligate che il governo Meloni deve affrontare nel corso del 2023 e che mettono a dura prova l’allestimento della manovra 2024, con l’aumento dei costi per gli interessi sul mostruoso debito pubblico italiano oltre quota 2.800 miliardi, la rivalutazione obbligatoria delle pensioni, le spese non rinviabilied altre amenità del genere, cui andrebbe anche aggiunto il costo del rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego. All’ingrosso, tra interessi sul debito pubblico, rivalutazioni delle pensioni e spese non rinviabili fanno circa 150 miliardi di maggiore spesa, cui andrebbero aggiunti altri 30 miliardi per il rinnovo dei contratti.

Davvero uno scenario dell’economia italiana da fare tremare i polsi anche ad una tosta come la Meloni.

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