Imprese estere in Italia: fatturato a quota 550 miliardi

I dati dell’Osservatorio Abie Confindustria. Occupati 1,5 milioni persone. Ci sono ampi spazi di miglioramento.

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Le imprese estere attive in Italia sono 15.631, impiegano 1,5 milioni di addetti, con un fatturato prodotto di quasi 548 miliardi e un valore aggiunto pari a 122 miliardi: è quanto emerge dal terzo rapporto dell’Osservatorio imprese estere di Confindustria e Luiss, presentato in occasione del primo incontro annuale dell’Advisory board investitori esteri (Abie) di Confindustria.

Queste imprese «rappresentano solo lo 0,4% del totale delle imprese italiane, impiegano l’8,8% degli addetti, realizzano il 19% del fatturato, il 16,5% del valore aggiunto, il 26,8% della spesa in ricerca e sviluppo, il 32,3% dell’export e il 50,3% dell’import di merci». Numeri che evidenziano una taglia mediamente maggiore a quelle tipiche del tessuto produttivo italiano, popolato in maggioranza di Pmi.

L’Osservatorio indica che nel 2022, rispetto al 2021, le imprese a controllo estero in Italia hanno registrato una crescita del 21% delle esportazioni, «che corrisponde all’incremento più alto in rapporto a tutte le altre tipologie di imprese che operano nel Paese». Dall’analisi emerge inoltre che le imprese estere in Italia «mostrano una minor propensione a disinvestire tra il 2019 e il 2022 rispetto a quanto succede negli altri mercati globali, preferendo restare nel Paese con un presidio per lo più a valle delle filiere internazionali».

Inoltre, «alcune proiezioni – spiega l’Osservatorio – segnalano come, nonostante il nostro Paese sia stato colpito in modo importante dalla pandemia, non ci sia l’intenzione di dismettere le affiliate in Italia da parte delle sedi centrali».

Una riflessione viene spontanea: quante altre imprese estere potrebbero insediarsi nel Belpaese se questo riuscisse a risolvere gli atavici problemi della burocrazia con i suoi tempi biblici e una giustizia – specie civile – che non assicura la tempestività di giudizio oggi necessaria per risolvere le dispute commerciali? Probabilmente molte di più, a tutto vantaggio della crescita dell’economia nazionale e dello sviluppo dell’occupazione.

Certo, oltre a questi aspetti servirebbe anche una migliore rete di infrastrutture che necessita di tempi più lunghiper essere migliorata, con notevoli investimenti, mentre le prime due sono attivabili in poco tempo e a costi decisamente ridotti.

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