Dopo anni di inflazione bassa o negativa, nel corso del 2022 e nei primi mesi del 2023 – sulla scorta degli effetti del conflitto russo-ucraino – l’inflazione in Italia ha superato l’8%, di fatto «erodendo di una mensilità la capacità di consumo delle famiglie».
Il dato emerge dal rapporto Eures-Adoc “Il prezzo è giusto? Tra fattori congiunturali, politiche e dinamiche di filiera” che evidenzia come nel 2022 il differenziale inflazionistico tra le famiglie con livelli di spesa più esigui e quelle più agiate raggiunge i 4,9 punti percentuali (+12,1% contro +7,2%), a fronte di 0,8 punti nel 2021.
La forte crescita dei prezzi, secondo Adoc, ha spinto al rialzo i valori della spesa per consumi delle famiglie, che hanno raggiunto nel 2022 i 1.116 miliardi (90 miliardi in più rispetto ai 1.028 del 2021), accompagnati da una forte flessione del potere d’acquisto (-3,7% nel quarto trimestre 2022 su base tendenziale), già di suo ridotto.
Tra gennaio 2022 e gennaio 2023, la tendenza vede crescere i valori della spesa del 6,2%, mentre i corrispondenti volumi registrano una flessione di 2,4 punti percentuali. Ciò vale in particolare per i beni alimentari, più colpiti dalla fiammata dell’inflazione, per i quali la divaricazione tra volumi (-4,4%) e valori(+7,5%) subisce una più forte accelerazione.
Secondo l’Adoc, l’inflazione ha determinato cambiamenti nei comportamenti di consumo della popolazione: «nel 2022 la quota di mercato dei discount ha infatti raggiunto il 22% (a fronte del 18% del 2019) ed i prodotti a Marchio del distributore (Mdd) hanno raggiunto vendite pari a 12,8 miliardi, in crescita del 9,4% sul 2021».
La notevole crescita dell’inflazione, più marcata per i prodotti alimentari, ha avuto maggiori ricadute per i segmenti più fragili del corpo sociale. Ad esempio, «il 74,9% degli anziani – stando ai risultati di un’indagine condotta nel 2023 dalla Uilp – ha dovuto operare tagli alla spesa per i prodotti alimentari, per la casa e per farmaci e visite mediche; l’88,3% ha dovuto fare diverse rinunce per l’elevato costo della vita: oltre l’80% ha rinunciato a cene fuori e viaggi; il 69% ad andare a cinema/teatro; il 57,2% al caffè al bar; il 53,5% ai propri hobby/sport e il 48,8% alla propria cura personale».
L’indagine dell’Adoc fotografa una media nazionale, ma esistono in Italia realtà – specie al Nord e soprattutto nelle grandi città – dove il costo della vita è decisamente superiore, rendendo necessario pensare ad una regionalizzazione della contrattazione per arrivare a stipendi che rispecchino meglio di oggi il diverso andamento del costo della vita e il relativo potere d’acquisto.
Sempre secondo l’indagine dell’Adoc, in Italia, oltre 2 milioni di famiglie sono in povertà assoluta, stipendi e pensioni vengono erosi da un’inflazione molto alta. Per questo Adoc lancia una campagna nazionale di informazione contro il caro prezzi con lo slogan “Ok, il prezzo è giusto? No alle speculazioni, giù i prezzi, carrelli pieni con prodotti di qualità”, con iniziative mirate per sensibilizzare i consumatori «a non subire quest’ingiustizia e non piegarsi a prodotti scadenti che possono nuocere alla salute».
«Il prezzo dei prodotti di largo consumo cresce esponenzialmente – ha spiegato Anna Rea, presidente Adoc – e le persone ormai faticano a fare la spesa e a comprare prodotti per la propria sopravvivenza. Servono provvedimenti immediati per fermare la speculazione che arriva sulle nostre tavole. Dall’origine all’ingrosso, fino al dettaglio, bisogna intervenire sulla catena del valore dei prezzi».
Secondo Rea, «serve un’alleanza comune tra tutte le associazioni dei consumatori, delle aziende agricole e dell’agroalimentare contro le speculazioni e chiedere alle istituzioni, a partire dal governo, di intervenire subito sulla grande distruzione organizzata che, nei fatti, determina il prezzo dei prodotti, confezionati e freschi, di rafforzare e potenziare il ruolo di mister Prezzi che, insieme alla Commissione Alert Prezzi, definita con l’ultimo decreto trasparenza, avviino azioni concrete, al centro come in periferia. Infine, in questa stagione di emergenza riteniamo necessario eliminare l’Iva dai prodotti alimentari di largo consumo».
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