Inflazione: l’Istat lima al ribasso il dato di marzo 2023 al 7,6%

I prodotti ad alta frequenza d'acquisto frenano da +9% a +7,6%. Unione consumatori: «il calo è un’illusione ottica, visto che in un anno le famiglie spendono 2.292 euro in più».

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Nelle stime definitive l’Istat ha rivisto al ribasso il dato sull’inflazione di marzo 2023 al +7,6%, quando nella stima preliminare era +7,7%. Nel mese di marzo 2023, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività al lordo dei tabacchi registri una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento del 7,6% su base annua, da +9,1% nel mese precedente. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano una seppur lieve decelerazione in termini tendenziali (da +12,7% a +12,6%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto mostrano una più decisa frenata (da +9,0% a +7,6%).

«A marzo prosegue la fase di rapido rientro dell’inflazione (scesa a +7,6%), guidata dalla dinamica dei prezzidei beni energetici» osserva l’Istat. A determinare il forte ribasso dell’inflazione di marzo è la componente energetica, trascinata dal prezzo delle bollette sul mercato tutelato che sono in continua flessione con dinamiche a segno meno, seguito dal rallentamento dell’aumento dei prezzi sul libero mercato.

Nel dettaglio, il rallentamento dell’inflazione si deve alla decelerazione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +40,8% a +18,9%) e all’accentuarsi della flessione di quelli degli energetici regolamentati (da -16,4% a -20,3%), i cui effetti sono stati solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzidegli alimentari non lavorati (da +8,7% a +9,1%), di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +3,3% a +3,5%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,1% a +6,3%) e dei tabacchi (da +1,8% a +2,5%). L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,8% su base mensile, per la fine dei saldi stagionali di cui il Nic non tiene conto, e dell’8,1% su base annua (in netto rallentamento da +9,8% di febbraio); la stima preliminare era +8,2%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento del 7,4% su base annua. Nel primo trimestre 2023 l’impatto dell’inflazione, misurata dall’Ipca, è più ampio sulle famiglie con minore capacità di spesa rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati (+12,5% e +8,2% rispettivamente).

«Rallenta l’inflazione, ma per il carrello della spesa resta una stangata – attacca Massimiliano Dona, presidentedell’Unione Nazionale Consumatori -. Il calo da 12,7% a 12,6% è impercettibile. Una mazzata pari a 781 euro a famiglia, che arriva a 963 per una coppia con un figlio, 1.062 euro per una con due, 1.259 per una famiglia con 3 o più figli».

Per Dona «è urgente che i prezzi dei prodotti alimentari si abbassino e tornino ad essere normali e sostenibiliper le famiglie. Il costo della vita, anche se ad un ritmo inferiore, continua a salire sempre più. Se per una coppia con due figli, l’inflazione al 7,6% significa una stangata complessiva pari a 2.292 euro su base annua, di questi ben 1.015 servono solo per far fronte ai rialzi del 13,2% di cibo e bevande. Per una coppia con un figlio, la spesa aggiuntiva totale è pari a 2.102 euro, ben 916 solo per mangiare e bere. In media per una famiglia la mazzata è di 1.755 euro, 744 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato spetta sempre alle famiglie numerose con più di tre figli con una batosta pari a 2.588 euro, 1.212 solo per nutrirsi e dissetarsi».

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