La Commissione europea sta esercitando pressioni sul governo Meloni perché rispetti le norme Ue sulle concessioni balneari, tema che ormai da anni non viene affrontato nel senso indicato dalla normativa comunitaria dopo l’emanazione della direttiva Bolkestein.
Varie fonti riferentisi al commissario al Mercato interno, Thierry Breton, indicano che Bruxelles, in mancanza di decisioni per garantire trasparenza e concorrenza leale nel settore delle concessioni balneari, sarebbe pronta a riattivare la procedura di infrazione, attualmente messa in pausa, con un “parere motivato”, per poi passare, in assenza di una risposta alle argomentazioni comunitarie, al deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia Ue, con probabili pesanti multe solo perché alcuni leader politici del centro destra, a partire dal leghista Matteo Salvini, hanno promesso l’impossibile proprio agli attuali concessionari in cambio del loro voto.
Già a fine febbraio 2022, la Commissione europea aveva indicato l’insoddisfazione per la proroga decisa dalgoverno al 2024, considerata peraltro illegittima dal Consiglio di Stato dopo soli cinque giorni dall’approvazione del decreto. Non solo: pure il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha approvato con riserva il decreto“Milleproroghe” proprio perché conteneva un ulteriore rinvio delle gare, richiamando il governo Meloni al rispetto delle norme europee e, cosa più importante, delle sentenze della magistratura amministrativa nazionale, evitando conflitti tra i poteri della Repubblica
Giovedì prossimo sulla norma Bolkestein si pronuncerà in via pregiudiziale la Corte di giustizia europea perrispondere al Tar Puglia in relazione alla causa Autorità di concorrenza nazionale/Comune di Ginosa su una serie di questioni relative proprio alle concessioni, dove si chiede alla Corte di stabilire se la direttiva Bolksesteinsia valida e vincolante o se risulti invalida trattandosi di una direttiva di armonizzazione adottata a maggioranza e non all’unanimità e «se presenti o meno assenza di spazi discrezionali per il legislatore nazionale tali da poterla ritenere autoesecutiva e immediatamente applicabile».
Dopo l’approvazione del decreto “Milleproproghe” la Commissione europea aveva indicato che la legislazione europea «richiede che le norme nazionali assicurino la parità di trattamento degli operatori, senza alcun vantaggio diretto o indiretto per alcuno specifico operatore, promuovano l’innovazione e la concorrenza leale, prevedano un’equa remunerazione degli investimenti effettuati e tutelino dal rischio di monopolio delle risorsepubbliche a vantaggio dei consumatori e delle imprese».
Già nell’estate 2016 la Corte di giustizia europea aveva stabilito che la normativa e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. Una sentenza che l’Italia non ha attuato. Anzi: il governo di allora aveva prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione.
La questione del rinnovo delle concessioni si porta dietro anche la questione della redditività per lo Stato delle concessioni balneari che nel 2022 ha incassato un pugno di spiccioli, visto che queste valgono 55,163 milioni a fronte di 10.556 concessioni, pari a 5.226 euro di canone medio di concessione per un settore che nel suo complesso vale 15 miliardi annui di fatturato secondo le stime di Nomisma. Davvero un po’ troppo poco per unbene pubblico che ai privati frutta un patrimonio.
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