Fmi lima le stime del Pil mondiale e l’Italia vara l’aggiornamento al rialzo al Def

Le previsioni Fmi globali e dell’Euroarea virano al ribasso, mentre a Roma si guarda alla crescita, specie quella del debito pubblico per consentire il taglio del cuneo sui redditi.

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Giornata di cifre e di previsioni sull’economia internazionale, europea e nazionale tra alti e bassi sulle prospettive di crescita del Pil.

A livello globale, per il Fondo monetario internazionale (Fmi) la «graduale ripresa dalla pandemia e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia continua» ma la «nebbia» si è «addensata» sulle prospettivedell’economia globale: l’incertezza è «alta e la bilancia dei rischi» pende al ribasso.

Conseguentemente, il Fmi rivede al ribasso le stime di crescita globali: il Pil mondiale è atteso crescere nel 2023del 2,8% e il 2024 del 3%, lo 0,1% in meno di quanto previsto in precedenza per ambedue gli anni. «Un “hard landing” (atterraggio duro) è per le economie avanzate un rischio», osserva il Fmi mettendo in evidenza come la recente instabilità delle banche «ci ricorda che la situazione resta fragile».

Dallo scenario globale a quello locale in Europa e negli Usa. Secondo le previsioni del Fmi frena la crescitanell’area Euro e negli Stati Uniti: dopo il +3,5% del 2022 il Pil di Eurolandia è atteso crescere nel 2023 dello 0,8% (+0,1 punti percentuali sulle stime di gennaio) e dell’1,4% nel 2024 (-0,2). Gli Stati Uniti, pur frenando dal +2,1% del 2022, crescono il «doppio» dell’area euro: il Pil è previsto crescere dell’1,6% nel 2023 (+0,2 punti sulle stime di gennaio). Nel 2024 la situazione si capovolgerà con l’area Euro più veloce degli USA (+1,4% contro il +1,1%).

Quanto all’inflazione, questa calerà a livello mondiale, ma più lentamente delle attese. Le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono un calo dei prezzi dall’8,7 del 2022 al 7% del 2023 e al 4,9% del 2024. L’inflazione corescenderà al 5,1% nel 2023, attestandosi comunque a un livello superiore (+0,6 punti percentuali) rispetto alle stime di gennaio. Nell’area Euro i prezzi al consumo sono attesi scendere dall’8,4% del 2022 al 5,3% del 2023 e al 2,9% del 2024, mantenendosi quindi ben oltre l’obiettivo del 2%, stella polare delle politiche restrittive della Banca centrale europea. Negli Stati Uniti invece caleranno dall’8% del 2022 al 4,5%di quest’anno e al 2,3% del 2024.

A livello italiano, il governo Meloni ha appena aggiornato il Def, il Documento di economia e finanza, sull’andamento dell’economia nazionale nel 2023. Il Def 2023 appena approvato in consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, «tiene conto di un quadro economico-finanziario che, nonostante l’allentamento negli ultimi tempi degli effetti negativi derivanti dalla pandemia e dal caro energia, rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse ma anche per l’affiorare di localizzate crisi nel sistema bancario e finanziario internazionale. In questo contesto, l’economia italiana continua a mostrare una notevole dose di resilienza e vitalità».

Il 2022 si è chiuso con il Pil italiano in aumento del 3,7% e, nonostante il rallentamento congiunturale della seconda metà dell’anno, i più recenti indicatori, tra cui gli indici di fiducia di famiglie e imprese, segnalano che nei primi mesi del 2023 l’economia del Paese ha ripreso a crescere.

«Gli obiettivi prioritari che ispirano e delineano la politica economica del governo – prosegue la nota del Mef – possono essere sintetizzati nel sostegno alla crescita e al benessere dei cittadini, con nuovi interventi in favore di famiglie (in particolare per quelle numerose sono previste misure anche nella riforma fiscale) e imprese nonché misure destinate a rilanciare gli investimenti e rafforzare la competitività del Paese; la sostenibilità dei conti pubblici con una graduale riduzione di deficit e debito. Le previsioni di crescita del Pil contenute nel documento si collocano nel solco già tracciato dal Documento programmatico di bilancio (Dpb) di novembre e dalla legge di bilancio, confermando l’approccio prudente e realistico, finalizzato a mostrare serietà e affidabilità sia ai mercati sia all’Unione Europa, e che punta a raggiungere risultati più ambiziosi».

Nello scenario tendenziale a legislazione vigente contenuto nel Def, il Pil italiano è previsto crescere dello 0,9%nel 2023 (all’1% nel quadro programmatico). Il Pil tendenziale per il 2024 è previsto ottimisticamente all’1,4% (1,5% programmatico) dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). Il dato relativo al 2023, si precisa, è rivisto al rialzo in confronto al Dpb di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6%.

Quanto all’andamento del debito pubblico italiano, nel 2022 il rapporto debito/Pil è risultato pari al 144,4%, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Dpb di novembre. «Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico – evidenzia il Mef – continuerà progressivamente nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026. Tuttavia, non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il Superbonus non avesse avuto gli impatti sui saldi finora registrati». Insomma, la regalia grillina di GiuseppiConte e del Pd è costata carissima alle casse pubbliche per ammodernare poche case e, soprattutto, quelle dei cittadini mediamente più abbienti.

«ll Def punta a ridurre gradualmente, ma in misura rilevante e sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della pubblica amministrazione in rapporto al Pil. Coerentemente con questo obiettivo, il Governo Meloni confermagli obiettivi di indebitamento netto presenti nel documento dello scorso novembre», indicando gli obiettivi sul deficit contenuti nel Def: «4,5% nel 2023, 3,7 nel 2024, 3,0 nel 2025, fino al 2,5 nel 2026».

«A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del Pil, il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso. Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie e – spiega Giorgetti – contribuirà alla moderazione della crescita salariale contro una pericolosa spirale salari-prezzi».

Infine, il Def “vede” un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026.

Per il ministro alle Finanze, Giancarlo Giorgetti, «la prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese. Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro – prosegue Giorgetti -, tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona. È realistico puntare per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del Pil e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale».

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