Pnrr & governo Meloni: io speriamo che me la cavo

I problemi lasciati dai governi BisConte e Draghi ora vengono al pettine: troppa superficialità e faciloneria nel piano che doveva portare «una pioggia di miliardi europei» sull’Italia e soprattutto, sul Sud a trazione grillina.

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Sulla gestione del Pnrr è ormai “io speriamo che me la cavo” per parafrasare il celebre libro del maestro napoletano Marcello D’Orta: come ha finalmente ammesso il ministro agli affari europei e gestione del Piano ideato dal governo grillopiddino BisConte e poi rabberciato dal governissimo zoppo del DraghiRaffaele Fitto, «alcuni interventi delPnrr non potranno essere realizzatiè matematicoè scientificodobbiamo dirlo con chiarezza».

Ecco per il governo di Giorgia Meloni i nodi stanno arrivando al pettine, come già detto in precedenti “Lo Schiacciasassi” e “Bianco & Nero”, attirandoci anche l’accusa di disfattisti da parte dei pasdaran a prescindere della destra al potere. Ma la verità è sempre gentildonna e alla fine viene a galla, come ha onestamente riconosciuto lo stesso ministro Fitto.

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Piuttosto, dovrebbero andarsi a nascondere dalla vergogna e dal pubblico ludibrio quei personaggi in cerca di un esclusivo proprio futuro clientelare che hanno utilizzato i fondi europei come se fossero una nuova manna piovutada Bruxelles soprattutto su certi collegi meridionali fortemente presidiati da grillini e piddini, a prescinderedall’effettiva capacità di spesasperando nella solita emergenza di spendere e spandere a fottere per alimentare le proprie clientele elettorali.

Peccato che il gioco non sia retto, vuoi perché questi artefici sono rimasti bellamente trombati alle elezioni politiche dell’ottobre 2022, vuoi perché in Europa, oltre a moltatroppa burocraziaci sono anche funzionari e dirigenti che di certe ammuine partenopee non sanno cosa farsene e guardano ai fatti, al conseguimento degli obiettivi messi nero su bianco dal Pnrr forse steso un po’ troppo frettolosamente.

Di fatto, l’Italia (e soprattutto le amministrazioni localipaga l’incapacità di spesa sia dei fondi regolari di coesione, dove lo stesso Fitto ha denunciato che quelli dell’ultimo settennato disponibile, quello 2014-2020 sono fermi al 34%di spesa, stando ben attenti che per l’80% dei 140 miliardi circa sono vincolati alla spesa nelle regioni del Mezzogiorno, così come il 40% dei 196 miliardi del Pnrr. Di fatto, si vincolano alla spesa fortissime quantità di risorse pubbliche proprio in quelle aree che meno di altre sono capaci di spendere.

A fronte del rischio di perdere i fondi ordinari e straordinari provenienti dall’Europa, Fitto e Meloni farebbero forse bene a togliere ogni sorta di vincolo territoriale alla spesa dei fondilasciando libere tutte le amministrazioni a presentare progetti finanziabili e spendibili che abbiano effettive ricadute sul territorio e che non siano spesa di spreco a prescindere.

Mentre a palazzo Chigi si pensa a come uscire dalla palude escogitata da Giuseppi Conte & C. il ritornello che riconcorre tra i corridoi del potere è «io speriamo che me la cavo», perché il rischio di uno smacco politico e d’immagine è fortissimoquasi certo. E i risultati si stanno già vedendo nei sondaggi sulle intenzioni di voto che vedono la coalizione di centro destra in calotrascinata proprio dalla prima inversione di tendenza del partito della MeloniFratelli d’Italia.

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