La Commissione europea inizia a preoccuparsi di un’Italia che ha rialzato la testa, dopo lustri di sterile appecoronamento ai voleri di Francia e Germania, e lo fa per bocca del vicepresidente e commissario italianoall’Economia, Paolo Gentiloni, che ha mandato al governo Meloni un messaggio chiaro rispetto ai ritardi con cui la stessa Commissione è incappata nell’erogazione dell’ultima rata 2022 del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza da 192 miliardi, per un terzo a fondo perduto e il resto a prestito agevolato da restituire.
Per Gentiloni è necessario che «Palazzo Chigi pensi al Recovery, che non marcia come dovrebbe e che è l’unica cosa che conta. Dobbiamo rimboccarci le maniche a Brixelles e fare funzionare questa roba, se non funziona è molto difficile mantenere stimoli di investimenti pubblici necessari per la crescita. Noi italiani non possiamo prenderci le responsabilità di un fallimento dei primi eurobond, sarebbe un disastro».
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Con la delicatezza di un elefante in una cristalleria, Gentiloni inizia a parlare di «fallimento” della gestione del Pnrr,indicandone, a suo dire, le responsabilità all’attuale governo Meloni, il primo legittimamente eletto da almeno 15 anni a questa parte e il primo della storia repubblicana guidato da una donna per giunta di destra. Peccato che se di fallimentosi deve parlare, questo si deve ascrivere a chi ha scritto le regole di gestione del Pnrr, ovvero al governo Conte II, quello con dentro il minestrone della sinistra grillopiddina, di cui Gentiloni è proprio un esponente di punta. Per la serie di quando si preferisce vedere l’ago negli occhi del nemico, facendo finta di non accorgersi delle travi conficcate nei propri.
Peccato che proprio il governo Conte II è stato colui che ha concentrato il 40% della spesa del Pnrr proprio in quelle aree del Paese dove è atavica l’incapacità di spesa ordinaria: figuriamoci quella straordinaria del Pnrr. E ciò soprattutto per una consolidata incapacità della classe politica meridionale, spesso espressione della sinistragrillopiddina, querula e piagnona, adusa a blandire il popolo sbandierando la disponibilità di soldi virtualinascondendo al contempo la propria incapacità di utilizzarli e di trasformarli in investimenti utili per l’economia del territorio.
Insomma, Meloni deve iniziare a preoccuparsi di un’Europa che ha paura di una nuova Italia capace di scombinaregli equilibri consolidati in lustri di potere sinistro e degli sgambetti che questa potrebbe tirargli, per primo per mano proprio del commissario di nomina italiana, ma che risponde non tanto agli italiani, ma alla neo leader Pd, Elly Schlein.
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