«In Italia la realizzazione delle grandi infrastrutture, tra progettazione, affidamento ed esecuzione richiede in media 4 anni e 5 mesi, con un massimo di circa 16 anni per le grandi opere di valore superiore a 100 milioni» afferma lo studio di The European House – Ambrosetti.
«Il peso dei tempi di attraversamento, riconducibili alle attività prevalentemente amministrative, è complessivamente pari al 54,3%», rileva lo studio, che sottolinea come «i lunghi tempi di completamentocomportino un aumento dei costi e una maggiore probabilità che l’opera rimanga incompiuta». Necessario quindi «agire per ridurre i tempi di realizzazione intervenendo, in particolare, sulle tempistiche della burocrazia».
Le principali cause dell’opera pubblica incompiuta sono la mancanza di fondi (41,9%), cause tecniche (30,6%), fallimento del costruttore (18,6%), mancato interesse al completamento (4,7%), cambiamenti legislativi (4,2%). Tuttavia, segnala Ambrosetti, si sta andando nella direzione giusta: «tra il 2020 e il 2021 è stata registrata una diminuzione del 14% delle infrastrutture bloccate e gli oneri per l’ultimazione dei lavori sono diminuiti del 46%».
Lo studio prosegue analizzando gli investimenti nel settore: «in Italia la spesa pubblica in infrastrutture è diminuita del 17% tra il 2007 e il 2021, un trend in controtendenza rispetto a Francia e Germania, che fanno registrare rispettivamente un +28% e un +16%. Nel 2021 l’Italia ha speso circa 20 miliardi di euro per investimenti in infrastrutture, meno di un terzo della Germania (64 miliardi) e la metà della Spagna (40 miliardi)», rileva Ambrosetti, che ritiene necessario «aumentare gli investimenti pubblici in infrastrutture e opere civili, invertendo il trend sfruttando la spinta delle risorse messe a disposizione dal Pnrr e dagli altri fondipubblici: 102 miliardi di euro nei prossimi 13 anni».
Necessario poi «avviare un percorso di aggiornamento del sistema infrastrutturale italiano, oggi particolarmentefragile e vetusto: circa 400 ponti sono considerati a rischio crollo (l’1,9% del totale), oltre 6 milioni di strutturee infrastrutture sono a rischio sismico, oltre 200 gallerie sono a rischio crollo (circa il 9% del totale)», rileva lo studio. Un problema però comune a Germania, Francia e Spagna: il 50% dei ponti tedeschi necessita un intervento di manutenzione, così come il 33% delle infrastrutture di trasporto francesi, mentre per la Spagna è il 93% delle opere ad aver bisogno di interventi. Quanto all’Italia è di 66 anni l’età media delle dighe, 59 anniquella delle autostrade, 55 anni per i ponti.
«L’Italia si trova all’ottavo posto in Ue per quota di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al valore aggiunto generato dalle imprese delle costruzioni. Sul podio si trovano Finlandia, Belgio e Grecia – prosegue lo studio Ambrosetti -. Nel 2020 le imprese europee del settore delle costruzioni e delle infrastrutture hanno investitocirca 885 milioni di euro di cui 109 milioni, pari al 12%, investiti dalle aziende italiane che si posizionano quindi al quarto posto per valore assoluto degli investimenti dopo Finlandia (139 milioni, 16%), Francia (132 milioni, 15%) e Belgio (120 milioni, 13,5%)».
«Il tasso di crescita degli investimenti in R&S delle nostre aziende è inferiore di oltre 31 volte quello delle imprese belghe», rileva lo studio, che sottolinea la necessità per il settore di «aumentare gli investimenti in capitale umano specializzato su tecnologie digitali. La trasformazione digitale del settore edile – spiega Ambrosetti – è ostacolata dalla carenza di personale qualificato, che limita l’adozione e il pieno potenziale delle tecnologie digitali. La mancanza di manodopera qualificata si traduce in opportunità mancate di aumentodell’efficienza, di riduzione dei costi e di miglioramento della sicurezza nei cantieri».
Nel mondo sono Cina, Usa e Russia i Paesi più attivi nella ricerca sulle tecnologie applicate al settore delle costruzioni e delle infrastrutture.
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