Forse è la buona volta: dopo 50 anni dall’ultima riforma organica del fisco del 1971, il governo Meloni è pronto per ridefinire il sistema fiscale italiano, con la proposta di semplificare e di ridurre da 4 a 3 gli scaglioni fiscali e limare la pressione fiscale, finanziando la riforma attingendo ai 156 miliardi di mancato gettito fiscale assicurato oggi dalle oltre 600 deduzioni fiscali attive.
Se solo il ministro alle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e il suo vice, Maurizio Leo, riuscissero almeno nella drasticasemplificazione della materia, un settore in cui persino i più scafati tributaristi e commercialisti faticano ad orientarsi, senza toccare l’abnorme carico fiscale sarebbe già un bel passo nella giusta direzione. Se poi si riuscisse anche a tagliare un po’ le grinfie del Fisco, il risultato sarebbe ottimo, pur sapendo che gli spazi di manovra in quest’ambito sono limitati complice la necessità di gestire l’enorme debito pubblico italiano che ammonta a 2.750 miliardi di euro, il 144,7% del Pil, che assorbe ogni anno circa 80 miliardi di spesa per gli interessi, con un peso notevole rispetto alle entrate tributarie di circa 600 miliardi di euro.
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L’obiettivo di Giorgetti e di Leo è di proporre al Parlamento la prima riforma organica del settore, che partadalla semplificazione attuabile da subito senza tanti oneri per le casse dello Stato, per poi arrivare nel corso della legislatura, anche in relazione all’andamento dell’economia, ad una progressiva riduzione del carico fiscalegravante su cittadini ed imprese.
Soprattutto, è interessante notare la proposta di superare l’attuale, odiosa disparità di trattamento fiscale di identici guadagni a seconda dei percettori, con lavoratori dipendenti e pensionati decisamente favoriti rispetto a chi intraprende: sarebbe un minimo atto di restituire equità e parità di trattamento tra i cittadini.
Interessante la possibilità di tagliare da 4 a 3 gli scaglioni esistenti, magari riducendone la forbice, attingendo ai 156 miliardi che oggi valgono le 600 varie deduzioni, molte delle quali estremamente settoriali se non clientelari. Potrebbe essere uno scambio equo il taglio generalizzato delle deduzioni accompagnate da un tangibile taglio della pressione fiscale, che darebbe ulteriore spinta alla semplificazione burocratica, tagliando dall’origine il meccanismo di pagare, raccogliere e conservare gli scontrini di spesa, compilare moduli e poi sperare di superare la barriera minima di deduzione, come nel caso delle spese sanitarie deducibili al 19% per l’ammontare che supera la soglia del 125 euro.
Copernicana, poi, sarebbe la possibilità di contrattare in anticipo con il fisco il proprio contributo fiscale, sulla base della media degli ultimi anni, levando il contribuente dal rischio di accertamenti a posteriori e dagli oneridi dimostrare la fondatezza della propria posizione.
Cittadini ed imprese attendono la presentazione della riforma e la sua rapida approvazione per chiudere con almeno un trentennio di fisco lunare che ha pesato non poco anche sull’attrattività italiana degli investimentiesteri.
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