Vietare i motori a combustione interna: l’Italia stoppa la decisione Ue

Mossa del governo Meloni che può raccogliere l’adesione anche della Germania, Polonia, Bulgaria e Romania. Urso: «ci sono alternative concrete al divieto ai motori tradizionali».

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Il ministro alle Imprese e Made in Italy di Fratelli d'Italia, Adolfo Urso.

Dopo anni di tira e molla e, soprattutto, di cala braghe delle maggioranze di centro sinistra, il governo italiano batte un cenno di orgoglio nazionale verso la decisione demagogica ed ambientalmente infondata di vietare i motori a combustione interna a partire dal 2035, divieto valido nel solo territorio europeo, sostituiti integralmente dalla trazione elettrica a batteria. Una decisione che finisce con lo sfavorire l’industria europea per favorire solo quella cinese, con evidente danno economicosociale e strategico.

«Siamo certamente favorevoli all’elettrificazione dei veicoli leggeriNon crediamo, tuttavia, che essa debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unico percorso per raggiungere le emissioni zero» sottolinea l’Italia in una dichiarazione nazionale inviata ai Rappresentanti dei 27 in Ue in merito al vietare i motori a combustione interna dal 2035. «Stabilendo un obiettivo di riduzione delle emissioni del 100% nel 2035 e non prevedendo alcun incentivo per l’uso di carburanti rinnovabili, il regolamento non è in linea con il principio di neutralità tecnologica. Pertanto, l’Italia non può sostenerlo».

«L’Italia condivide ed è pienamente impegnata nell’obiettivo di decarbonizzare il settore del trasporto stradale, in quanto la riduzione delle emissioni di CO2 del settore, in particolare quelle derivanti dalle autovetture e dai veicoli leggeri, è essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Unione. Riteniamo – prosegue la nota governativa inviata nel circuito CoreperI – che, nel settore del trasporto stradale, la decarbonizzazione debbaessere perseguita nel rispetto dei principi di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa verso le emissioni zero e della neutralità tecnologica. Siamo certamente favorevoli all’elettrificazione dei veicoli leggeri. Non crediamo, tuttavia, che essa debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unico percorso per raggiungere le emissioni zero».

«L’elettrificazione richiede cambiamenti significativi nell’intero settore automobilistico che devono essere pianificati e guidati con la dovuta attenzione, al fine di evitare effetti economiciindustriali e sociali indesiderati. Le auto con motore termico sono di proprietà di cittadini a basso reddito e rimarranno in circolazione oltre il 2035. Il successo delle auto elettriche dipenderà molto dal modo in cui diventeranno accessibili per questi cittadini», si legge ancora nel documento.

L’Italia sottolinea che finora l’approccio scelto dall’Unione per il settore automobilistico di vietare i motori a combustione interna sia stato prevalentemente normativo. Nel testo sono quindi elencate una serie di iniziative che dal punto di vista italiano dovrebbero essere adottate dalla Commissione europea: sostenere con tutti i mezzi disponibili, legislativi e finanziari, la transizione del settore automobilistico, in particolare delle PMI; monitorare e riferire in modo tempestivo ed esaustivo sui progressi verso una mobilità stradale a zero emissioni, considerando tutti i fattori che contribuiscono a una transizione equa ed efficiente dal punto di vista dei costi, compresa una valutazione delle possibili carenze di finanziamento; garantire, sulla base di tale monitoraggio, una revisione rigorosa e credibile degli obiettivi nel 2026; dare seguito alla disposizione che prevede l’immatricolazione, dopo il 2035, di veicoli alimentati esclusivamente con carburanti a zero emissioni di CO2; presentare una proposta per includere nel Regolamento meccanismi di contabilizzazione dei benefici, in termini di riduzione delle emissioni di CO2, dei carburanti rinnovabili.

La decisione italiana ha avuto come effetto di bloccare l’approvazione da parte dei Rappresentanti Permanenti Aggiunti dell’intesa volta a vietare i motori a combustione interna.

Soddisfatto il ministro delle imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso: «oggi è una giornata significativa in Europa perché dopo il nostro no al dossier, il Corepor è stato rinviato a venerdì. La nostra presa di posizionecosì chiara e netta insieme a quella di altri Paesi come la Polonia e la Bulgaria hanno indotto a una ulterioreriflessione. E’ una tematica dirimente “non tanto e non solo per l’automotive, ma sulla politica industriale che l’Europa deve mettere in campo per rispondere alla grande sfida sistemica della Cina e alla politica assertiva degli Stati Uniti».

«Noi saremo particolarmente assertivi anche negli altri due dossier aperti: la riduzione della CO2 per i veicoli pesanti e soprattutto il regolamento sull’Euro 7 che interviene su un settore già fortemente sotto stress» continua Urso, secondo cui l’obiettivo è creare le condizioni affinché nel 2026 con il nuovo Parlamento e una nuova Commissione «si possa costituire quell’alleanza con le imprese e i lavoratori europei e con le nazioni industriali europee per davvero fare della clausola di revisione del 2026 un obiettivo strategico per rimettere in discussione tempi e la modalità della transazione ecologica». Ma meglio sarebbe intervenire già nel 2024, subito dopo l’elezione del nuovo europarlamento e della Commissione, che si spera meno piagato dall’ideologia ambientalista filo cinese.

Urso riflette anche sugli incentivi all’acquisto dnuovi veicoli: nel settore auto «quasi l’80% degli incentivi che abbiamo dato sono andati a autovetture prodotte all’estero. Il gruppo Stellantis coi suoi stabilimenti in Italia ne ha ricevuto il 40%, ma il 45% di questo 40% è andato ad autovetture realizzate dal gruppo fuori dall’Italia. Bisogna calibrare meglio gli incentivi e gli investimenti per incentivare la produzione e la vendita di autovetturerealizzate nel nostro paese con le imprese e il lavoro italiano. Abbiamo a disposizione altri 6 miliardi per incentivare il mercato dell’automotive».

L’auspicio di Urso è praticamente impossibile da realizzareincentivando l’acquisto di prodotti solo nazionali, visto che sarebbe una pratica contro il mercato unico immediatamente sanzionata dalla Commissione europeaMeglio indirizzare questi contributi verso il sostegno delle imprese e dei professionisti italianiequiparando finalmente il trattamento dell’auto aziendale al regime europeo, prevedendo la totale deducibilità del costo di acquisto e di gestione, cosa che consentirebbe al mercato una certa stabilizzazione per via del continuo e rapido rinnovo del parco aziendale, oltre ad una maggiore competitività delle imprese e professioni italiane.

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