Desertificazione commerciale dei centri città sempre più diffusa

Confcommercio denuncia la sparizione di 100.000 negozi in 10 anni. A febbraio cresce la fiducia dei consumatori, mentre è stabile per le imprese.

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Desertificazione commerciale

Prosegue inarrestabile la desertificazione commerciale dei centri delle citta, con i piccoli negozi che via via chiudono, lasciando spazio a Bed & breakfast, bar, ristoranti: dal 2012 al 2022, in 10 anni, sono sparite dalle città 100.000 attività commerciali e 16.000 imprese ambulanti; nello stesso periodo sono nati 10.275 alberghibar e ristoranti.

I dati sono dell’ufficio studi di Confcommercio, evidenziando come la crescita delle attività di alloggio e ristorazione non compensi le riduzioni del commercio, ma modifichi in misura rilevante le caratteristichedell’offerta nelle città e nell’economia in generale. Nello stesso decennio è cresciuta la presenza straniera con 44.000 nuove imprese e 107.000 nuovi occupati, mentre le aziende “italiane” sono 138.000 in meno e 148.000 in meno gli occupati. Complessivamente, la doppia crisi pandemica ed energetica sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock.

«La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso, perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza – commenta il presidente di ConfcommercioCarlo Sangalli -. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali».

Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune. Cambia il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa continua con il rischio di desertificazione commerciale delle città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%).

Il Sud sembra essere caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al CentroNord. dal 2012 al 2022 il Mezzogiorno ha perso il 17,6% dei negozi al dettaglio nei centri storici e il 14,5% nel resto delle città, mentre sono cresciute del 82,9% e del 60,9% le offerte di alloggi e del 10,6% e del 7,8% quelle di bar e ristoranti.

Meno vivace la dinamica al Nord dove il commercio al dettaglio in sede fissa è calato del 20,5% e del 19,4%, segnando +32,3% e +26% per i servizi di alloggio e l’1,5% per bar e ristoranti nei centri storici, mentre fuori da questo perimetro si è registrato un calo dello 0,8%. Il commercio ambulante perde il 20,7% e il 19,6% al Centro Nord, mentre al Sud si arresta al 18,8 e 16,8%.

Secondo Assoutenti alla base della desertificazione commerciale con la scomparsa di 100.000 negozi nelle città italiane tra il 2012 e il 2022 «c’è senza dubbio l’avvento del commercio elettronico che ha rivoluzionato le abitudini di acquisto degli italiani». I numeri sulla crescita del giro d’affari del commercio elettronico «non lasciano spazio ai dubbi – spiega Assoutenti -. In soli 7 anni le vendite sul web sono passate in Italia dai 16,6 miliardi di euro del 2015 ai 48,1 miliardi del 2022: la spesa degli italiani per gli acquisti online è così salita da una media di 643 euro a famigliadel 2015 ai 1.864 euro del 2022, con un aumento che sfiora il +190%».

Intanto, l’Istat regista a febbraio 2023 la crescita della fiducia dei consumatori, mentre rimane stabile quella delle imprese: la prima sale a quota 104 da 100,9 punti, dopo la diminuzione registrata a gennaio, e la seconda rimane ferma a 109,1.

spingere la fiducia dei consumatori è «l’evoluzione positiva delle opinioni sulla situazione economicagenerale» ma anche «un aumento delle aspettative sulla situazione economica familiare e valutazioni in miglioramento sia sull’opportunità di effettuare acquisti nella fase attuale sia sulla possibilità di risparmiare in futuro».

Se per l’Unione nazionale consumatori si è scatenato un “effetto bollette”, dovuto al «forte calo del prezzo del gas annunciato da Arera all’inizio di febbraio ha ridato fiducia alle famiglie», Federconsumatori mette in guardiada un eccessivo entusiasmo ricordando che in un quarto dei casi molte famiglie italiane non riescono o temonodi non riuscire più a breve a far fronte ai consumi fondamentali. In questo senso, prosegue la riduzione del consumo di carne e pesce, pari al -16,9%, così come della frutta e della verdura (12,9% dei cittadini) oltre alla ricerca sempre più assidua di offertescontiacquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 47% dei cittadini). Per la Federazione rimane necessario che il governo «avvii politiche di sostegno ai redditi e al potere di acquisto delle famiglie, soprattutto quelle con minore capacità di spesa, senza tralasciare l’azione di contrasto al caro-energia».

Nel mondo delle imprese invece si registrano segnali «contrapposti» dai diversi comparti economici. Se l’industria registra una «sostanziale stabilità» dovuta principalmente dal comparto manifatturiero, parallelamente si manifesta un circoscritto peggioramento della fiducia nelle costruzioni. Situazione simile nei servizi dove «il deciso ottimismo» evidenziato dalle opinioni sulle vendite nel commercio al dettaglio si contrappone a valutazioni sugli ordini in peggioramento nei servizi di mercato.

Per Confcommercio si tratta comunque di un dato migliore delle previsioni dal quale si evince «che oramai le probabilità di una recessione mite e quelle di un semplice rallentamento si equivalgono». Al tempo stesso «il recupero della fiducia da parte delle famiglie, legato ad aspettative meno negative sull’andamento dei prezzi e dell’occupazione, permette, infatti, di ipotizzare un rallentamento dei consumi meno marcato rispetto a quanto atteso» Meno positivo appare il sentiment degli operatori del turismo, che dopo un periodo sostanzialmente positivo si attendono un rallentamento della domanda.

Per Confesercenti il rallentamento dell’inflazione ed il calo delle bollette restituiscono un po’ più di fiducia alle famiglie, ma il clima non migliora per le imprese, in particolare per quelle dei servizi di mercato e del turismo, su cui pesa il deterioramento delle attese per la stagione in arrivo, evidenziando un quadro in chiaroscuro. A pesare, sottolinea Confesercenti, è soprattutto il deterioramento delle attese future sugli ordini. Ma sulle impresedel settore pesa anche l’emergenza lavoro: «stiamo ricevendo molte segnalazioni dagli associati sulle difficoltàdi reperimento di personale, in crescita con l’avvicinarsi della stagione primaverile, e per il quale è urgente trovare una soluzione».

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