Parlamento europeo: stop a vendita auto inquinanti dal 2035

Bus a emissioni zero in 2030, per camion -90% al 2040. Proteste della maggioranza di governo in Italia. Ora la palla al consiglio che potrebbe bloccare il regolamento.

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Via libera definitivo del Parlamento europeo all’accordo, raggiunto dall’Ue lo scorso novembre, sullo stop ai veicoli inquinanti (quindi a benzina e diesel) di nuova immatricolazione a partire dal 2035. L’approvazione definitiva della Plenaria a Strasburgo è avvenuta con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astenuti.

Bus cittadini a zero emissioni dal 2030 e un taglio del 90% delle emissioni per le flotte degli altri mezzi pesanti nuovi al 2040. Sono questi, salvo modifiche dell’ultima ora, gli elementi principali della proposta di regolamento sui nuovi standard di emissione di CO2 per i mezzi pesanti che la Commissione europea presenterà prossimamente.

Secondo il testo, i mezzi pesanti nuovi dovranno ridurre le emissioni di CO2 in modo progressivodel 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040. La proposta Ue sui nuovi standard diemissione per camion e furgoni ha subito diversi ritardi a causa delle divergenze in seno alla stessa Commissione europea, con una parte della quale che avrebbe voluto una linea più dura indicando il 2040 come la data limite per produrre veicoli che emettono CO2, mettendo al bando tutti i motori alimentati in maniera tradizionale (e in particolare benzina e diesel), tranne quelli elettrici a celle a combustibile o a batteria.

Il confronto tra i commissari Ue ha visto considerare in queste settimane opzioni dal 70 al 100% delle emissioni in meno al 2040. In una lettera congiunta diffusa nei giorni scorsi un centinaio di imprese e associazioni di categoria – dai costruttori di veicoli ai produttori di carburanti di vario tipo – avevano chiesto alla Commissione europea di tenere conto, oltre all’elettrificazione e all’idrogeno, anche del contributo che i combustibili sostenibili e rinnovabili possono dare alla decarbonizzazione deitrasporti.

«Il provvedimento votato dal parlamento europeo conferma le attese, non ci aspettavamo una decisione diversa visto che l’iter si è svolto proprio sulla base degli indirizzi dati dal Parlamento europeo – ha commentato Gian Marco Giorda, direttore dell’Anfia -. La prima finestra sarà nel 2026 quando si farà una sorta di punto per vedere come procede l’acquisto di auto elettriche e lo sviluppo delle infrastrutture. A quel punto si vedrà se confermare la scadenza del 2030 con il 55% in meno di emissioni di CO2 per le auto e del 50% dei veicoli commerciali e quella del 2035 quando sono previste solo auto elettriche».

Interessante notare come il voto del Parlamento europeo abbia visto la pattuglia di maggioranza di governo italiano votare compattamente contro, annunciando ulteriori provvedimenti. La norma non è passata a grande maggioranza e ha visto sgretolarsi l’asse tra Socialisti e Popolari, con il Ppeche a sua volte si è diviso. Al suo interno la delegazione di Fi ha votato compatta per il “No” e anche Fdi e Lega si sono schierati in maniera omogenea contro l’approvazione.

Il nuovo regolamento è passato grazie al “Sì” di S&D, dei Verdi, delle Sinistre e di gran parte dei liberali di Renew. Netto anche l’appoggio della delegazione del M5S. Minoritaria (venticinque membri circa), invece, la fetta del Ppe che ha votato a favore dello stop ai veicoli inquinanti di nuova immatricolazione. I Popolari, in maggioranza, hanno votato contro, inclusa la delegazione azzurra. Ad eccezione di 5 favorevoli e un astenuto anche i Conservatori e Riformisti (co-guidati da Fdi) hanno votatoNo”, così come il gruppo Identità e Democrazia.

«Proviamo a ragionare sul futuro, pensando a due scenari. Nel primo, l’auto elettrica sarà un bene di lusso, costoso a portata di pochi. Nell’altro, continuerà ad essere un bene di massa, ma le caseautomobilistiche cinesi avranno soppiantato i poveri produttori europei – afferma Paolo Borchia,europarlamentare della Lega, coordinatore Id in commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia (ITRE) -. Fantascienza? No, se pensiamo che BYD, colosso cinese dell’auto ha raddoppiato nel 2022 la sua quota di mercato. E intanto, per cercare di mantenere competitività l’industria europea si sta guardando attorno: qui, siamo a rischio delocalizzazioni, che significano disoccupazione. Giusto lavorare per inquinare meno ma non in questo modo».

«Il divieto di vendita di auto nuove con motore a combustione a partire dal 2035 porterà ad un “effetto Avana”. Dopo il 2035, le nostre strade potrebbero riempirsi di auto d’epoca perché le nuove auto senza motore a combustione non saranno facilmente disponibili o convenienti» scrive il Partito popolare europeo via Twitter a voto appena chiuso.

«La messa al bando totale dei motori a combustione dal 2035 e la conseguente elettrificazione a tappe forzate è un grave errore industriale e politico, che mette a rischio migliaia di aziende e fino a 500.000 posti di lavoro nella filiera dell’auto. Come Fi-Ppe votiamo contro un accordo che di fatto misconosce ideologicamente il principio di neutralità tecnologica, operando una scelta ipocrita anche sul piano della CO2, decisione che al momento fa felici solo gli ultrà di un ambientalismo burocratico e superficiale, sordo alle esigenze di famiglie e imprese» dichiara l’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, relatore Ppe in Commissione Tran sul regolamento relativo agli standard di CO2 per auto nuove e veicoli leggeri.

«Tra i punti critici vi è l’enorme incertezza circa la decarbonizzazione della produzione di elettricità. Restando infatti al mero calcolo delle emissioni al tubo di scarico, senza valutarle nell’intero ciclo di vita dell’automobile come chiesto invece dal Ppe, l’asserito taglio della CO2 è solo propaganda illusoria – prosegue Salini -. E’ grave trascurare che i futuri mezzi elettrici rischiano di venirealimentati da energianon pulita”, spostando semplicemente le emissioni in altri Paesi o in altri settori dell’economia. Se poi guardiamo all’errore industriale di fondo, spingere cioè l’automotive europeo tra le braccia della Cina, leader mondiale nelle materie prime e nella produzione di batterie per veicoli elettrici, non possiamo che confermare il nostro scetticismo su una transizione verdeideologica e ingannevole, che piazza una pesante ipoteca sull’autonomia strategica europea».

Per l’eurodeputato di FdIEcr, Pietro Fiocchi, relatore ombra per l’Ecr del dossier Emissioni di CO2 per automobili e furgoni, «la decisione del Parlamento europeo di vietare i motori a combustione interna costerà all’Europa centinaia di migliaia di posti di lavoro e lascerà un’industria europea vitale pericolosamente dipendente da batterie, materie prime e terre rare di dubbia provenienza e disponibilità. Per questo abbiamo espresso voto contrario. Centinaia di migliaia di posti di lavoro andranno persi in Europa a causa di questa decisione. Ciò che è anche importante è che diventeremo totalmente dipendenti dai paesi extraeuropei, in particolare dalla Cina, ad esempio per i microchip, il litio e il cobalto. L’impatto ambientale in alcuni paesi come ad esempio in Africa, dove si estraggono importanti materie prime per le auto elettriche è terribile. Dobbiamo quindi tenerne nel contesto della riduzione di CO2 che ci auguriamo. La mia speranza è che saremo più realistici quando si discuterà della riduzione delle emissioni di Co2 per i mezzi pesanti e per quelli agricoli».

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