Commercio, allarme Confesercenti: chiudono 2 negozi all’ora

De Luise: «servono aiuti di carattere fiscale, soprattutto per i negozi di vicinato».

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Nel 2022, secondo uno studio di Confesercenti, nel commercio sono spariti una media di oltre due negozi ogni ora. Non solo: le imprese che riescono ad aprire sono sempre di meno. Una situazione che, per Confesercenti,si inserisce in un contesto in cui creare un’impresa nel commercio aldettaglio è «un sogno sempre più difficile da realizzare». Ed è per questo che servirebbe un aiutofiscale per mantenere aperti i negozi. «Tanto che – continua Confesercenti – nel 2022 sono natesolo 22.608 nuove attività, il 20,3% in meno del 2021. Un numero del tutto insufficiente a compensare le oltre 43.000 imprese che hanno abbassato per sempre la saracinesca, e che fa chiudere l’anno con un bilancio negativo per oltre 20.000 unità, oltre due negozi spariti ogni ora».

La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, anche se la perdita più alta è in Campania (-2.707 negozi); seguono, il Lazio (-2.215), la Sicilia (-2.142), e la Lombardia (-2.123). Ma la perdita peggiore in termini relativi è quella delle Marche (-8,8% sul 2021).

«La ripartenza post-pandemia – osserva la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise – non è riuscita a infondere nuovo slancio alle piccole imprese del commercio al dettaglio. Aprire una nuovaattività di commercio di vicinato, in un mercato sempre più dominato da grandi gruppi e giganti dell’on-line, è sempre più difficile».

Il dato delle aperture del 2022 – spiega Confesercenti – è «il più basso degli ultimi 10 anni, inferiore del -47,9% non solo al valore del 2012 ma anche rispetto al 2020. Il calo delle nuove aperture è rilevante soprattutto in Sardegna (-33,2% rispetto al 2021), Piemonte (-29,3%) e Umbria (-27,3%)».

Tra chiusure e mancate aperture, il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità è «calato, rispetto al 2012, del -14,3% circa. Nelle province autonome di Trento e Bolzano, ormai, ci sono solo 6,9 imprese del commercio ogni mille abitanti; in Friuli Venezia Giulia 7,8, e in Lombardia 8,4».

Nelle regioni del Sud il tessuto del commercio «resiste un po’ di più, in particolare in Campania (19,7 imprese ogni mille abitanti), Calabria (18,7), e Sicilia e Puglia (entrambe con 15,1)».

«A rischio – conclude De Luise – c’è il pluralismo del sistema distributivo e il servizio ai cittadini. Occorre aiutarlo, puntando di più sulle politiche attive, a partire dalla formazione imprenditoriale. Ma servirebbe una spinta anche sul piano fiscale, con un regime agevolato».

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