Il Pil italiano registra una frenata di fine anno che, senza compromettere il quadro generale, destacomunque preoccupazione, anche se la situazione è migliore delle previsioni.
L’Italia si mantiene in area positiva con una crescita nel 2022 del 3,9% secondo la stima diffusa dall’Istat che fotografa anche l’anno nuovo, portando il 2023 con una crescita già acquisita dello 0,4% tale da evitare la temuta recessione e che non si discosta troppo dalla previsione del Fondo monetario internazionale (Fmi) di una crescita allo 0,6% per l’anno in corso.
Per il ministero dell’Economia e delle finanze, si tratta di «un buon auspicio», anche perché – spiega proprio il Mef – i dati del Fmi corrispondono a quelli della Nadef e della legge di Bilancio 2023.
La stima dell’Istat racconta come negli ultimi tre mesi del 2022 l’economia italiana, «dopo sette trimestri consecutivi di crescita», abbia diminuito la sua forza registrando una flessione, sia pur lieve, dello 0,1% del Pil italiano. La diminuzione viene spiegata con il rallentamento dell’agricoltura e dell’industria, mentre i servizi continuano a registrare un incremento.
In Europa il quadro cambia di poco. Secondo l’Eurostat nel quarto trimestre del 2022 il Pil è aumentato dello 0,1% nell’Eurozona ed è rimasto stabile nell’Ue; rispetto ai tre mesi precedenti il Pil era cresciuto dello 0,3% sia nell’Eurozona che nell’Ue.
Resta l’allarme per l’andamento dell’economia negli ultimi mesi del 2022; anche perché – come rilevato dall’Istat – è il primo rallentamento dopo 21 mesi di crescita consecutiva. Da un lato ci sono i dati dell’Istat dedicati ai contratti con il divario tra prezzi e retribuzioni contrattuali che (salito a 7,6 punti percentuali) non era così alto da 22 anni; dall’altro la preoccupazione delle associazioni di categoria. Confesercenti – che chiede misure di sostegno ai redditi e ai consumi – guarda alla tenuta dell’economia e la definisce come «migliore delle attese», anche se si preannuncia «un 2023 a velocità ridotta».
Secondo Confcommercio il perimetro è «fragile» perché, pur vedendo per la prima metà del 2023 variazioni comunque in negativo, «mette in evidenza l’importanza dei servizi nell’attenuare la flessione di fine anno».
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