Mercato dell’auto, in Italia encefalogramma piatto, complice l’ubriacatura elettrica

Anche se le vendite calano, ai minimi da 40 anni, cresce la redditività per i costruttori, con i prezzi medi cresciuti a 26.000 euro (+24% dal 2019).

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Nel 2022 il mercato dell’auto italiano ha visto l’immatricolazione di 1.316.702 autovetture, un livello pari a quello del 1978 e, secondo il Centro Studi Promotor, nel 2023 le immatricolazioni non andranno oltre 1.500.000, con un calo del 21,7% rispetto al livello ante pandemia (2019).

«Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza – ha dichiarato Gian Primo Quagliano,presidente del Centro Studi Promotor -. Questa emergenza è decisamente preoccupante perché riguarda un comparto che con il suo indotto vale il 12% del PIL italiano. E a ciò si aggiunge che sul mondo dell’auto oltre all’emergenza mercato incombono altre due emergenze. La prima deriva dalla mancata sostituzione delle auto più vecchie, che negli ultimi anni ha fatto salire l’età media del parco circolante italiano a 12 anni e 2 mesi contro i 10 anni di Germania, Regno Unito e Francia con quello che ne consegue in termini di emissioni inquinanti e nocive».

La situazione del mercato dell’auto italiano si può invertire con idonee politiche della mobilità nazionaleche passano dalla profonda riforma delle linee guida contenute nel piano fantasmagorico, demagogico e irrealizzabile del “Fit for 55” con il quale la Commissione europea vorrebbe mettere fuori commercio le motorizzazioni a combustione a partire dal 2035, nella fallata credenza (chissà chi l’ha ispirata, magari con qualche aiutino…) che l’elettrificazione spinta della mobilità sia la soluzione magica per contribuire alla riduzione delle già ridotte emissioni globali dell’Europa (solo l’8% di quelle globali), posizione buona solo per condannare il continente alla crisi economica con la perdita di milioni di posti di lavoro della filiera automotive che saranno sostituiti da altrettanti milioni di posti di lavoro ma in Cina, visto che i costruttori orientali stanno entrando sul mercato europeo con veicoli elettrici estremamente competitivi, sia a livello commerciale che tecnico.

Più che seguire la strada dell’elettrificazione, meglio sarebbe tornare alla valorizzazione delle tecnologie europee, anche per non legarsi ai monopoli strategici cinesi, passando per il rilanciodel motore Diesel e dei carburanti a basso contenuto di carbonio, come il gasolio ottenuto dal riciclaggio e trasformazione di basi vegetali di scarto, di cui Eni è leader incontrastato, capaci di abbattere del 90% le emissioni anche sui milioni di veicoli Euro 5 e Euro 6 già in circolazione.

Conseguentemente il governo Meloni dovrebbe azzerare ogni forma di sostegno alla mobilitàelettrica, erogando contributi all’acquisto del nuovo con o senza rottamazione di ogni tipologia di veicolo Euro 6 in contributo fisso o come riduzione dell’Iva dal 22% al 15% o anche meno.

Interessante notare come anche con vendite praticamente dimezzate, le case costruttrici hanno bilanci in forte salute, perché la riduzione della produzione a causa della difficoltà di approvvigionamento delle materie prime ha ripulito il mercato automobilistico nazionale di tutte quelle forme di sconto e di pompaggio delle vendite che finivano quasi per azzerare i margini di vendita, margini riposizionati sui servizi post vendita, a partire dalla manutenzione e dei ricambi.

Sotto la spinta all’elettrificazione imposta dall’Europa, secondo le rilevazioni Centro Studi Fleet&Mobility, i prezzi medi dei veicoli in vendita negli stati dell’Unione sono cresciuti del 7% assestandosi a 26.000 euro rispetto ai 24.300 euro del 202, con un +24% rispetto al 2019 quando per acquistare un veicolo bastavano mediamente 21.000 euro.

L’azzeramento della sovraproduzione rispetto alla richiesta del mercato per saturare le linee di montaggio con il conseguente fenomeno delle offerte a “km 0”, ha contributo a rialzare i marginiportando il fatturato del solo mercato dell’auto italiano a 35 miliardi di euro in valore pure con un volume di vendite ridotto.

La situazione potrebbe cambiare rapidamente, sia sotto la pressione dell’ingresso in forza deiproduttori cinesi sul mercato europeo, ma anche da reazioni come quella di Tesla che ha tagliatodi ben 12.500 euro il prezzo di vendita di una Model 3, che è passato dal 57.500 euro a 45.000, mentre la Model Y cala di “solo” 5.000 euro, da 49.990 euro a 44.990 euro.

Tali manovre sui prezzi dei veicoli difficilmente rimangono isolati e anche i produttori europeidovranno in qualche modo reagire per non perdere volumi di vendite e quote di mercato, che hanno come effetto anche la sostenibilità delle economie di scala specie con la tecnologia elettrica, visto che il complesso di trazione (batteria, inverter e motore) costa oggi il 58% in più di un sistemadi motopropulsione termico.

Una ragione in più per anticipare al 2024 la revisione delle linee del pianoFit for 55previste ora al 2026, in modo da non buttare inutilmente due anni di tempo solo a vantaggio del consolidamentodella concorrenza cinese. Ma di ciò dovranno occuparsi il nuovo europarlamento e, soprattutto, la nuova Commissione, presieduta da personaggi di profilo ben più adeguato di quelli attuali, eletti per il rotto della cuffia solo grazie al voto grillino all’ultimo istante.

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