Il caro carburanti incide fino al 40% sui costi di trasporto

Cna, bene una Commissione che vigili sugli incrementi di prezzo. Intanto, il piano sull’elettrificazione della mobilità fallisce prima ancora di iniziare.

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Rifornimento di gasolio e di AdBlue di un camion.

«Nell’autotrasporto l’aumento dei costi del carburante impatta per il 30-40% e ci sembra giusto che si sia fatta una commissione per capire le dinamiche che vanno a impattare sul costo del carburante» afferma il presidente della Cna, Patrizio Ricci, in audizione in Commissione Attività produttive della Camera sul Dl Trasparenza dei prezzi e del caro carburanti.

Per Ricci «il costo dei carburanti ha avuto un incremento perché è stata tagliata l’accisa e ha portato il costo delle tasse oltre 50%, impattando sul costo del mondo dell’autotrasporto. Quindi il governo deve ridurre questa partita».

La speculazione «non riguarda solo una parte di chi tratta il prodotto, ma coinvolge tutta la filiera. La Commisione deve vigilare» ha detto ancora Ricci auspicando una rappresentanza permanente delle associazioni di categoria «che governi e dibatta su quello che va a impattare sul nostro mondo». Ricci ha evidenziato che da quando è stato tolto lo sconto delle accise di 30 centesimi al litro il caro carburanti ha portato l’Italia ad essere «il terzo paese europeo con il costo dell’energia a livello più alto».

E a chi afferma che i camion fruiscono dello sconto carburanti, una realtà dell’autotrasporto indipendente come Ruote Libere ricorda che «questi benefici riguardano solo i mezzi a standard Euro 5 e Euro 6 oltre le 7,5 tonn di portata, mentre tutti gli altri sono esclusi» commenta la presidente Cinzia Franchini, ricordando come sul caro carburanti «da un taglio generalizzato delle accise alla pompa, con la parallela eliminazione degli sconti settoriali, avrebbero da guadagnarci tutte le aziende, sia in termini di costi che, soprattutto, in termini di minore carico burocratico».

Intanto, sempre nell’ambito della mobilità, il programma di elettrificazione nazionale pare fallire prima ancora di partire, visto che il piano di realizzazione dei 21.000 nuovi punti di ricaricafinanziati dal Pnrr con oltre 700 milioni sono ancora fermi al palo.

Il segretario generale di Motus-E, l’associazione dei costruttori auto elettriche, Francesco Naso, afferma che «l’Italia rischia di perdere un’occasione irripetibile. La somma a disposizione contribuirebbe a realizzare nella Penisola una rete di ricarica ad alta potenza tra le più capillari d’Europa, alimentando lo sviluppo di nuove filiere nazionali e la creazione di posti di lavoro».

Un bene che il piano sia fermo al palo, perché finalmente ci si sta accorgendo come l’obiettivodell’elettrificazione spinta della mobilità sia solo un clamoroso boomerang ideologico, ambientalee strategico per il continente europeo, che ben lungi dall’abbattere l’inquinamento connesso con la mobilità, di fatto lo incrementa, così come incrementa di molto il costo della mobilità e la dipendenza geostrategica dell’Europa dai monopoli cinesi.

Molto meglio farebbe il governo Meloni ad anticipare le prossime decisioni di revisione del pianofantasmagoricoFit for 55fissate al 2026 e spostare da subito i fondi per l’elettrificazione sui carburanti alternativi a basso tenore di carbonio, che ora e domani sono gli unici ad abbattere le emissioni anche sugli oltre 350 milioni di veicoli circolanti in Europa utilizzando tecnologieeuropee senza legarsi al giogo cinese e dei relativi potentati economici.

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