Le immatricolazioni auto in Europa (UE+EFTA+UK) hanno chiuso il 2022 in negativo, a 11.286.939veicoli con un calo del 4,1% rispetto al 2021, ma con un calo del 28,6% rispetto al 2019, cioè all’anno che ha preceduto la pandemia.
Il mercato dell’auto nell’area ha risentito fortemente della debolezza della domanda cui s’è inseritala crisi dell’offerta dovuta a carenze di componenti essenziali per la produzione, come i microchiped altri prodotti. Nella seconda metà del 2022 la crisi dell’offerta si è comunque ridimensionata e questo ha consentito di contenere le perdite dell’intero anno. Difficoltà di forniture ancora sussistono, ma si ritiene che la situazione possa ancora migliorare nei prossimi mesi.
Dei cinque maggiori mercati, che si significano il 70,2% delle immatricolazioni auto dell’Europa Occidentale, soltanto quello della Germania ha chiuso il 2022 in leggera crescita sul 2021 (+1,1%), ma comunque ancora in forte perdita sul 2019 (-26,5%). Tra gli altri quattro mercati il risultato migliore l’ha ottenuto il Regno Unito (-2%), seguito dalla Spagna (-5,4%), dalla Francia (-7,8%) e infine dall’Italia (-9,7%).
In Germania, nel Regno Unito ed in Francia il bilancio dell’annata ha beneficiato di una maggioredisponibilità (rispetto alle auto tradizionali) di auto elettriche ed ibride plug–in. Opposto il risultatosul mercato italiano dove la quota delle auto elettriche nel 2022 è addirittura scesa dal 4,6% del 2021 al 3,7% e ciò essenzialmente per effetto del fallimento della campagna di incentivi 2022 a favore dell’auto elettrica anche a causa del caro prezzi dei veicoli e, soprattutto, dell’energia e dellascarsità dei punti di ricarica.
Su tutto il comparto grava la consapevolezza a livello tecnico e, progressivamente, anche a quellopolitico che le linee di elettrificazione spinta della mobilità contenuta nel piano “Fit for 55” voluto dalla Commissione europea sono del tutto disgiunte dalla realtà, oltre che viziate da problemi di carattere geopolitico con il rischio di legare la manifattura europea ai monopoli cinesi. Sarebbe logico che la politica ammettesse da subito il fallimento dello scenario, senza attendere il 2026quando si aprirà una fase di ridiscussione della norma, ma attendere significherebbe solo sprecare treanni di prezioso tempo per abbattere le emissioni cambiando approccio e puntare sulla diffusionedei carburanti a basso tenore di carbonio, utilizzabili da subito su quasi tutto il parco circolante e con l’esistente rete logistica.
Non solo: sul mercato auto europeo aleggia anche il rischio – sempre più concreto – che l’arrivo in forza del prodotto cinese metta fuori mercato la produzione europea di auto elettriche, visto che i prezzi dei veicoli orientali costano – a parità di qualità – circa un 20-30% in meno, forte anche delle politiche di dumping sempre praticate dal governo di Pechino per conquistare i mercati, alla stregua di quanto già fatto con i pannelli fotovoltaici o dell’informatica.
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