Acciaio: 2023 tra stabilità e recessione

Produzione e consumo apparente in calo. Gozzi (Federacciai): «nel 2022 prodotti 21,6 milioni di tonnellate, il sistema ha tenuto».

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Il 2023 dell’acciaio sarà tra la stabilità e il rallentamento, stanti gli elementi oggi a disposizione, e i prezzidi materie prime e prodotti siderurgici rimarranno probabilmente al di sotto dei livelli toccati nel 2022.

«Le prospettive macroeconomiche sono tra la stagnazione e la recessione» ha spiegato il responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, Stefano Ferrari. Per il 2023 la Banca d’Italia stima una crescita del Pil dello 0,4%, favorita dall’aumento degli investimenti nei settori più “steel intensive” dei beni strumentali (+3,5%) e costruzioni (+2,2%): dopo il +3,8% del 2022, si va quindi verso il ritorno a una bassa crescita nel prossimo biennio.

In questo contesto, «le prospettive per l’acciaio – secondo Ferrarinon sono particolarmente positive». La produzione mondiale, dicono i dati della World Steel Association, da fine 2021 a settembre 2022 è stata tra lo stabile e il ribasso in termini tendenziali. La Cina ha avuto una dinamica sempre inferiore alla media mondiale fino ad agosto; ora è il Dragone che accelera, mentre l’Ue ha perso circa il 20% della propria produzione. Anche l’output nazionale di acciaio è in calo. Negli ultimi 12 mesi, aprile escluso forse per un anticipo di domanda seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, il dato mensile tendenziale è stato negativo per 11 volte, secondo i numeri di Federacciai.

Quanto al consumo apparente (produzione più import, meno export), ha illustrato ancora Ferrari, «gli unici mesi positivi del 2022 sono stati gennaio, febbraio, aprile e giugno. Ad agosto e settembre (ultimi dati disponibili) c’è stato un crollo del 30-40%. «Stando a quanto riportato a siderweb dagli operatori anche il finale del 2022 non è stato brillante. Per gennaio siamo ancora in attesa: sembra esserci una lieve ripresa di prezzi e consumo, ma siamo in una fase preliminare».

Infine, il 2023 delle materie prime potrebbe vedere sgonfiarsi le quotazioni, tranne rari casi. «Quindi è probabile che anche il prezzo medio dell’acciaio – ha spiegato Ferrari – potrebbe risentire dell’andamento generale della congiuntura non favorevole», posizionandosi al di sotto dei valori del 2022 anche a causa dell’atteso ridimensionamento, o quantomeno della stabilità, delle quotazioni dell’energia.

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ha fornito alcuni numeri sulla produzione siderurgicanazionale del 2022: l’Italia ha prodotto 21,6 milioni di tonnellate di acciaio, in calo dell’11,5% rispetto al 2021.

«Oltre la metà di questo calo è imputabile alla caduta di produzione dell’ex Ilva, arrivata a stento ai 3 milioni di tonnellate – ha sottolineato Gozzi -. Se depuriamo il dato da quello dell’ex Ilva, quindi, la diminuzione è stata del 5%. E questo nonostante le lunghe fermate delle acciaierie. Ho calcolato che mediamente, tra vacanze estive e invernali, la siderurgia ha lavorato non più di 10 mesi. Anche questo è un dato che, in definitiva, dice della tenuta del sistema: il calo produttivo deriva da una reazionecongiunturale tattica all’esplosione del prezzo dell’energia».

Il costo dell’energia resta tra le prime preoccupazioni dei siderurgici italiani. «Attualmente abbiamo un gap competitivo di quasi 100 euro con i francesi, di 50/60 euro con i tedeschi, persino gli svizzeripagano l’energia meno di noi. Continueremo a ribadire al governo la necessità di interventi significativi – ha dichiarato Gozzi -, altrimenti diventerà molto difficile reggere la competizione». Preoccupa anche il prevedibile calo della domanda legato al termine dei bonus fiscali, che potrebbe però essere compensato dai consumi per le opere del Pnrr.

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