Payback sanitario mette a rischio l’esistenza delle aziende fornitrici

Protesta ai ministri Giorgetti e Schillaci e al presidente Conferenza Regioni Fedriga di Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confindustria Dispositivi medici e di Fifo Confcommercio. 

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La richiesta formulata alle aziende fornitrici del sistema sanitario nazionale di contribuire al 50%al ripianamento del deficit 2022 con il meccanismo del “payback sanitario” è ritenuta inaccettabile da parte di tutte le categorie di settore.

«È necessario superare le attuali regole sul “payback sanitario” e aprire un tavolo di confronto con governo e regioni dal momento che il ddl bilancio non prevede risposte adeguate» chiedono Confartigianato, CNA e Casartigiani in una lettera inviata ai ministri Giorgetti e Schillaci e al presidente della Conferenza delle regioni Fedriga.

Le tre associazioni denunciano le forti criticità del meccanismo che impone alle imprese fornitricidi dispositivi medici la compartecipazione al ripiano dello sforamento dei tetti di spesa sanitaridelle regioni, per un ammontare complessivo superiore a due miliardi di euro.

Per Confartigianato, CNA e Casartigiani il “payback sanitario” è «totalmente inaccettabile», a partire dalla retroattività delle disposizioni che interessano il periodo 2015-2018. L’attuazione infatti interviene a sette anni di distanza, quando ormai l’inerzia del decisore politico sembrava confermare l’irragionevolezza dello strumento e il conseguente accantonamento.

Chiamare le imprese aggiudicatarie di gara ad evidenza pubblica a concorrere alle passività dei bilanci regionali rappresenta una «grave lesione dei più elementari principi di certezza del diritto, di affidabilità del sistema degli appalti pubblici e delle libera iniziativa economica».

Inoltre è del tutto evidente l’esorbitanza della misura che chiede alle imprese la restituzione di risorse finanziarie a fronte di bilanci approvati e depositati nel pieno rispetto delle regole sulla contabilità aziendale. Senza contare che su tali bilanci sono già stati assolti gli obblighi tributari.

Le ripercussioni del “payback sanitario” hanno un’incidenza più significativa sulla tenuta economico-finanziaria delle piccole imprese, per loro natura maggiormente esposte a condizionamenti esterni.

Per tali ragioni le Confederazioni dell’artigianato, in rappresentanza dei tanti artigiani e piccole imprese che forniscono dispositivi medici, dai distretti biomedicali agli odontotecnici, sollecitano il superamento del “payback sanitario” e l’apertura di un tavolo per individuare le soluzioni adeguate, per scongiurare pesanti ricadute di carattere economico, sociale e occupazionale, ed evitare il concreto rischio di mettere a repentaglio la continuità delle forniture di dispositivi medici dovuta alle oggettive condizioni di incertezza che ostacolano la partecipazione delle imprese alle gare.

La reazione non cambia dal fronte di Fifo Sanità, la Federazione Italiana Fornitori Ospedalieriaderente a Confcommercio, che ribadisce il rischio concreto di un’imminente mancanza di dispositivi medici negli ospedali e lancia l’allarme per l’intera tenuta del settore se il governo non affronterà il tema del “payback sanitario” in manovra.

Secondo la Fifo la norma costringe le aziende fornitrici di dispositivi medici a pagare 2,1 miliardi di euro entro il 15 gennaio, comportando il conseguente fallimento di centinaia di Pmi che distribuiscono a tutti gli ospedali d’Italia dispositivi salvavita e altro materiale per il corretto svolgimento delle attività chirurgiche.

«Siamo inorriditi – dichiara Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità – per quello che potrà accadere se la norma non sarà superata. Stiamo parlando di una certezza, non una possibilità. Mancheranno dispositivi medici come strumenti chirurgici e diagnostici. Chiediamo al governo, che in queste ore sta lavorando alla manovra, di superare la norma o almeno garantirne la sospensione. Abbiamo lavorato, e lavoreremo, – prosegue Riem – per tutelare, il futuro prossimo delle Pmi che rappresentiamo, e soprattutto la tenuta dell’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il governo ci dia ascolto per evitare un pericolo concreto ed incombente per la salute dei cittadini. Di fronte a questo rischio, la politica non può girarsi dall’altra parte».

Per il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti, «è assurdo che stia passando una norma di 900 milioni per salvare il calcio, quando con il “payback sanitario” si chiedono oltre 2 miliardi alle imprese di dispositivi medici che rischiano di fallire. La conseguenza è mettere a rischio la fornitura di tecnologie mediche essenziali per la tutela della salute dei cittadini e del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ci chiediamo come sia possibile aver fatto passare una norma salva-calcio, quando il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, proprio qualche giorno fa ha sottolineato la necessità di utilizzare i soldi delle imprese prelevati con la tassa del “payback sanitario” per garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza ai cittadini».

Per Boggetti «se il governo non ha le risorse per ripianare i debiti delle Regioni è inaccettabile che li trovi per aiutare i club di calcio. Significa che la salute dei cittadini viene dopo il calcio. Il frontedelle aziende, composto da PMI e multinazionali, è coeso e compatto nel chiedere l’immediata cancellazione del “payback sanitario”. Stiamo vivendo una situazione insostenibile, che vede le nostre aziende esposte finanziariamente, mettendo a rischio oltre 112.000 posti di lavoro. È fondamentale per la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale che si cancelli la norma».

Peccato che gli appelli dei fornitori di materiale sanitario non abbiano trovato ascolto nella Finanziaria 2023, con il solo mero impegno politico – tutto da dimostrare entro la scadenza ravvicinatissima del 15 gennaio 2023 – di attuare subito un provvedimento in merito, che rischia di fare più danni a tutto il sistema Paese di quanto andrà effettivamente ad incassare.

Intanto, brindano i presidenti delle società di calcio che si vedono spalmare in comode 60 rate e con una mora di solo il 3% su quanto dovuto in tasse non pagate, condizioni che fanno inorridiretutti i normali imprenditori strozzati dal caro energia e dai mancati pagamenti del comparto pubblico che, non pago dello strozzinaggio di stato, ora chiede pure la taglia.

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