Il contrappasso dell’auto elettrica: sempre più cara e ora anche nel mirino del fisco

Chi ha ceduto alle lusinghe del governo e della pubblicità ora deve fare i conti con costi di gestione esplosi e pure giustificare la sua “elevata capacità di spesa” alla Guardia di finanza. 

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auto elettrica

Nonostante la spinta della politica del centro sinistra dei governi Conte e Draghi, in Italia l’auto elettrica e ibrida non è decollata e anche i ricchi incentivi regalati dallo stato (spesso raddoppiati dalle regioni) non sono riusciti a convincere gli automobilisti ad abbandonare il caro, vecchio, sicuro, ecologico carburante fossile, tanto che le immatricolazioni sono state le più basse d’Europa e i contributi pubblici largamente inutilizzati.

Il problema è tripartito tra mancanza di un’adeguata rete di ricarica pubblica, i maggiori costi di acquisto e di utilizzo e, da ultimo, il caro energia. Di fatto, come testimonia l’ultima indagine del centro studi di AlixParter nel “Global Automotive Outlook”, i costi dell’auto elettrica, invece di abbassarsi e di equipararsi progressivamente a quella con motore termico, sono invece aumentati e di molto, a partire dal costo della batteria, ben lontani dalla soglia obiettivo dei 100 dollari/kWh, visto che ora viaggia stabilmente a 140 dollari/kWh, perché il costo delle materie prime per la realizzazione delle batterie, litio in testa, seguito da rame e cobalto è in costante crescita, spinto da speculazioni e ben note pressioni geopolitiche di marca cinese che ne detiene il monopolio produttivo.

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Poi c’è anche la progressiva dismissione da parte delle case costruttrici dei modelli d’ingresso delle loro gamme produttive, cancellati perché troppo costosi da produrre e per la necessità di concentrare le risorse di sviluppo sui nuovi modelli ibridi ed elettrici, tanto che la soglia d’ingresso alla mobilità privata si sta alzando sempre di più.

Infine, il punto di pareggio tra un’auto elettrica verso una con motore termico tradizionale si è drammaticamente rialzato, passando dai 105.000 km del 2020 a ben 415.000 km del 2022, praticamente annullandone ogni convenienza nel tempo.

A tutto ciò s’aggiunge il sussulto di consapevolezza dei fortissimi limiti strategici insiti nel legare la mobilità all’elettrico, vuoi per la dipendenza da fornitori cinesi, vuoi per la carenza di energia elettrica, vuoi perché la diffusione dell’elettrificazione della mobilità non abbassa affatto l’inquinamento globale, specie ora che arrivano sul mercato i nuovi carburanti prodotti da biomasse, come il gasolio Hvo di Eni, capace di abbattere fino al 90% le emissioni su tutti i veicoli già in circolazione Euro 5 e Euro 6, senza alcuna necessità di cambio logistico nella distribuzione del carburante.

Su tutta la vicenda arriva come una ciliegina sulla torta lo zampino del fisco, secondo cui l’acquisto di un’auto elettrica o ibrida segnala una cospicua «capacità contributiva» con conseguente impulso alla Guardia di finanza di rafforzare i controlli sugli acquirenti di questo genere di beni a partire dal 1° gennaio 2023, con particolare riguardo agli acquirenti di modelli con «potenza netta massima» superiore a 120 kW per quanto riguarda le auto ibride e quelle superiore a 70 kW in caso di automobili totalmente elettriche. Praticamente tutte.

Il rafforzamento dei controlli fiscali non riguarda solo i modelli elettrici ed ibridi: ci sono, assieme a quelli “classici” di alta cilindrata e potenza (specie quelli oltre i 185kW/250Cv), anche le auto d’epoca o storiche. Ad esempio per quanto riguarda le auto di lusso, sono particolarmente attenzionate quelle che superano i 250 cavalli e per le quali è previsto un superbollo. Una tassa prevista per tutti i veicoli che superano i 185 chilowatt di potbenza.

A far scattare l’allarme sul fronte del Fisco basta uno scostamento superiore al 20% tra quanto dichiarato dal contribuente e lo stile di vita basato su consumi e proprietà. Nel caso in cui ci fosse lo sforamento della soglia allora bisognerebbe fare i conti con una richiesta di chiarimenti da parte del Fisco e in quel caso l’automobilista deve dimostrare di potersi permettere il mantenimento del veicolo. Nel caso in cui le spiegazioni non dovessero convincere le Entrate, ecco che parte l’accertamento con valutazione dell’auto e la stima di quanto sottratto all’Erario, spalancando il baratro delle sanzioni e delle multe.

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