A novembre 2022, l’indice del clima di fiducia dei consumatori trentini – rilevato nell’indagine dell’Ufficio studi e ricerche della Camera di commercio di Trento – risulta ancora negativo e pari a -19,3 punti, di poco migliore rispetto a quanto evidenziato nella precedente rilevazione di aprile (-20,6 punti). Si tratta di un dato in linea con quanto emerso sia a livello nazionale (-19,1 punti) che nel NordEst (-18,9).
Le valutazioni riguardanti la situazione economica provinciale, riferita agli ultimi dodici mesi, rimangono complessivamente negative, così come le attese relative all’evoluzione della situazione economica locale, nei prossimi dodici mesi. I consumatori che temono un peggioramento (lieve o netto) sono oltre la metà (54,8%), coloro che prevedono una condizione di stazionarietà sono il 38,0%, mentre la percentuale di chi immagina un miglioramento raggiunge il 5,0%.
Con riferimento alla valutazione della situazione economica della propria famiglia nell’ultimo anno, prevale un giudizio di stazionarietà espresso dal 64,7% dei consumatori trentini intervistati. Il dato risulta in linea con quanto rilevato ad aprile (62,6%), ma è decisamente inferiore al valore emerso nell’autunno 2021 (80%).
Anche sul piano dei giudizi prospettici, si conferma un quadro negativo, espresso dalla quota di chi prevede un peggioramento (il 38,3% degli intervistati) e dalla bassa percentuale (3%) di chi esprime valutazioni ottimistiche.
I giudizi relativi alla situazione finanziaria mostrano un’elevata percentuale di chi, attraverso le proprie risorse, riesce appena a far quadrare il bilancio familiare (64,7%), mentre l’1,6% dei consumatori ha dichiarato di dover attingere ai risparmi per far fronte alle necessità. Solamente il 14,0% dichiara di essere in grado di risparmiare.
Con riferimento all’acquisto di beni durevoli, l’atteggiamento dei consumatori trentini risulta improntato alla prudenza: passa dal 60,9% di aprile al 69,6% la percentuale di chi ha intenzione di mantenere stabile il livello di spesa per questo tipo di beni.
Con riferimento alle spese per il consumo domestico di gas ed energia elettrica, la maggior parte dei consumatori dichiara di essere in grado di sostenerne gli aumenti: il 37,9% li considera infatti non rilevanti, mentre il 34,1%, nonostante percepisca un significativo aumento della spesa, non ha cambiato le proprie abitudini. Per il 15,1% il caro bollette è invece diventato insostenibile e si è trovato costretto a ridurre i consumi, mentre l’8,7% non ha riscontrato rincari poiché utilizza fonti di energia rinnovabili (pannelli solari e/o fotovoltaici, pompe di calore, ecc.).
Nonostante gli aumenti dei prezzi delle utenze domestiche, il 75% degli intervistati dichiara che disporrà di sufficienti risorse economiche per affrontare gli impegni essenziali (pagare il mutuo, utenze, affitto, spese alimentari, trasporti, ecc.), ma il 39,9% sarà costretto a rivedere i propri consumi e a ridurre le voci di spesa non necessarie (acquisto regali di Natale, ristorante, viaggi, attività sportive e ricreative, ecc.), mentre un ulteriore 24,0% sarà in grado di affrontare solo le spese obbligate. Il 7,0%, infine, sarà in difficoltà economica e non riuscirà a sostenere nemmeno quelle.
«I consumi delle famiglie – ha commentato Luca Trentinaglia, vicesegretario generale della Camera di commercio di Trento – rappresentano quasi il 60% del Pil provinciale e il sensibile deterioramento della capacità di spesa familiare, emerso dai dati presentati dall’Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio, delinea un quadro che preoccupa. Si tratta di una contrazione correlata al generale aumento dei prezzi, soprattutto di quelli relativi a beni e servizi a cui le famiglie non possono rinunciare (alimentari, di luce e gas), che produrrà un inevitabile rallentamento della domanda, verosimilmente tangibile a partire dal prossimo mese di gennaio».
Di fatto, il risultato evidenzia la scarsa efficacia delle politiche economiche messe in atto dal governo dell’Autonomia speciale, con poca attenzione al sostegno dei consumi, specie dei settoripiù esposti alla congiuntura economia.
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