Nuova tegola Ue sugli edifici: entro il 2033 obbligatorio l’adeguamento energetico

Se passa la proposta all’Europarlamento, tutti gli immobili dovranno essere almeno in classe C o D. In Italia interessa il 78% del patrimonio immobiliare. 

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Sui tetti degli immobili europei sta per cadere una pesante tegola scagliata dall’Europarlamento che, su proposta della Commissione, tra gennaio e febbraio prossimi approverà una nuova direttiva volta a migliorare il rendimento energetico degli edifici continentali, imponendo una classe energetica minima.

Di fatto, se la bozza di direttiva sarà approvata così come appare nelle ultime versioni – balla ancora la decisione su quale livello minimo alzare l’asta dell’efficienza energetica: la D proposta dalla Commissione o la C indicata dall’Europarlamento – per paesi come l’Italia ricchi di un patrimonio di edifici mediamente vecchi ed energeticamente poco efficienti sarà un bel problema.

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Di fatto, a Bruxelles si vorrebbe giustamente tagliare i consumi energetici degli edifici che, statisticamente, assorbono circa il 40% dei consumi continentali e sono responsabili del 36% delle emissioni climalteranti complessive. Se il livello di efficienza energetica fosse fissato alla classe D, in Italia ben il 77,9% del patrimonio immobiliare sarebbe costretto ad essere ammodernatoentro i prossimi dieci anni, visto che la direttiva pone come limite temporale massimo il 2033, due anni prima dell’eutanasia dei motori termici.

Secondo le ultime stime del 2021 il 35,7% degli edifici italiani si trova in classe G (si tratta di 12.589.760 alloggi), il 25,3% in classe F (8.922.155 alloggi) e il 16,9% (5.959.858 alloggi) è in classe E.

Il problema deriva dal fatto che oggi per compravendere un immobile è necessaria l’esibizione della classe energetica: se la direttiva europea fosse in vigore, di fatto oltre due terzi del patrimonio immobiliare italiano sarebbe invendibile in carenza di riqualificazione energetica. Non solo: nel caso che un europeo acquistasse oggi un’abitazione in classe energetica inferiore alla D e sottoscrivesse un mutuo di vent’anni, a metà della vigenza del mutuo potrebbe vedere l’istituto di credito che gli ha erogato il prestito battere cassa per adeguare le garanzie sottostanti il mutuo che è la stessa abitazione acquistata divenuta invendibile e pesantemente svalutata in carenza di ristrutturazione energetica. Insomma, s’innescherebbe una sorta di tempesta perfetta che andrebbe ad aggiungersi a quella relativa alla mobilità degli europei.

Secondo l’Istat (dati 2021), in Italia 18,2 milioni di famiglie, pari al 70,8% del totale sono proprietariedell’abitazione in cui vivono, e di queste il 12,8% del totale (circa 3,3 milioni di famiglie) pagano un mutuo, per una cifra media superiore ai 500 euro al mese. Significativa è anche la durata media dei mutui, salita a 25,2 anni, mentre nel 2021 era pari a 24,8 anni. Segmentando ulteriormente per fasce il dato, emerge che il 43,8% dei mutui ha una durata compresa tra 26 e 30 anni, il 30,7% si colloca nella fascia 21-25 anni e soltanto il 9,0% rientra nella fascia 10-15 anni. E la massa di finanziamentierogati alle famiglie per l’acquisto degli immobili nel 2021 è cresciuta del 22% passando da 50,5 miliardi di euro del 2020 a 61,6 miliardi di euro.

Insomma, a Bruxelles si rischia di innescare un’altra pericolosa bomba economica e sociale che va a fare il paio con il pianoFit for 55” che entro il 2035 rischia di cancellare milioni di posti di lavoronell’industria della mobilità e il “Farm to Fork” che rischia di fare altrettanti danni nel settore agroalimentare.

L’unica consolazione che questo Europarlamento e questa Commissione ha ormai il tempocontato, visto che alla fine del 2023 non potrà più nuocere e nel 2024 si voterà per innovarli. Ma intanto è necessario sopravvivere in attesa che i nuovi governati europei, dotati di più buonsenso, pragmatismo, capacità di visione, cambi le carte in tavola, facendo un bagno di umiltà e di realismo politico, sociale e ambientale.

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