Professionisti non ordinistici è boom, ma il problema è il reddito

Secondo lo studio di Confcommercio professioni il settore è tra i più dinamici, mentre sono in calo gli iscritti ad ordini e collegi. 

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Adepp Professionisti non ordinistici

E’ boom per i professionisti non ordinistici (lavoratori autonomi riuniti in associazioni e associati alla Gestione separata dell’Inps non iscritti agli ordini professionali) in Italia: sono giunti a quota 444.000, e «in dodici anni sono quasi raddoppiati (+95,5% dal 2008 al 2020)» afferma l’indagine dell’Ufficiostudi di Confcommercio realizzata per Confcommercio Professioni e illustrata nell’ambito del convegno “Professionisti protagonisti del cambiamento”.

Le cifre fanno sì che si possa affermare che si è dinanzi ad «un risultato eccezionalmente positivo, confermato anche dal +3,6% del 2020 sul 2019», non compromesso dall’avvento del Covid che ha, invece, «inciso significativamente nella perdita di professionisti iscritti ad ordini e collegi (-2,3% tra il 2008 e il 2020)».

Lo studio di Confcommercio Professioni evidenzia che «il totale complessivo dei liberiprofessionisti italiani è pari ad 1.352.000 soggetti (+16,9% dal 2008 al 2020)». Il dato negativo, rispetto all’incremento degli occupati indipendenti non ordinistici, è costituita dai guadagni: il reddito complessivamente generato «cresce di quasi un terzo in dodici anni, mentre quello procapite si sta abbassando ed è pari a 14.205 euro nel 2020 (-33,8% sul 2008, dove un terzo di questa contrazione si concentra nell’anno della pandemia)». Una condizione, quella reddituale, che è condivisa e diffusa anche da tanti altri professionisti ordinistici.

Il comparto, come messo in risalto dalla presidente di Confcommercio Professioni, Anna RitaFioroni, si avvale di figuretipiche”, quali amministratori di condominio, guide turistiche ed optometristi, ma anche di profili “”emergenti”, come designer, influencer, consulenti aziendali, wedding planner e welness coach.

«I professionisti sono il settore più dinamico dell’occupazione, perché hanno un ruolo centrale e crescente con l’aumentare del peso dei servizi», ecco perché – afferma Fioroni – debbono «essere inclusi nelle misure di sostegno ed incentivazione per la competitività e la crescita», essendo, tra l’altro, «i principali interpreti della società della conoscenza per il valore delle competenze che apportano e per le quali occorrono sempre più chiari, univoci e trasparenti criteri di riconoscibilità in favore del mercato e a tutela del consumatore, con un ruolo fondamentale delle associazioni di rappresentanza».

Per assicurare un futuro adeguato ai professionisti non ordinistici, sono necessari «interventistrutturali per garantire nuove tutele e favorire la scelta di autonomia», fra cui «l’equo compensoper le prestazioni professionali anche per i professionisti non ordinistici e in particolare nei confronti della pubblica amministrazione», come evidenziato anche in settimana al ministro del Lavoro, Marina Calderone, al tavolo sul lavoro autonomo. Per ciò che concerne il welfare, ha aggiunto Fioroni, «è arrivato il momento di promuovere le coperture previdenziali e sanitarie integrative rispetto a quelle offerte dal sistema pubblico, mentre è positivo il percorso avviato per includere gli autonomi negli interventi adottati per il sostegno alla genitorialità, un percorso che però va rafforzato».

Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, «le professioni ricadono in un limbo che non le identifica né come imprese, né come dipendenti. E, se sul reddito dei professionisti si parla di equo compenso, sul loro riconoscimento si dovrebbe parlare di pari dignità. Una dignità del lavoro che passa sempre fortemente dal tema del welfare».

Sangalli sottolinea come «Confcommercio abbia scelto di destinare ai lavoratori autonomi e liberi professionisti una forma pensionistica di natura collettiva e di derivazione contrattuale che già c’era per i lavoratori dipendenti del terziario, con il Fondo For.te. Sentiamo in questo modo di aver contribuito con un altro piccolo, grande passo a quell’evoluzione del settore di cui parlavo prima. Un’evoluzione in termini di riconoscimento che appunto deve avvenire anche nella rappresentanza. Con Confcommercio Professioni, la nostra Confederazione ha imboccato una strada determinata in tal senso».

Ma più in generale servirebbe riconoscere a tutto il mondo delle professioni l’equiparazione alle microimprese e la possibilità di partecipare a bandi di gara e finanziamento pubblici, cancellandocome requisito essenziale il possesso dell’iscrizione alla Camera di commercio, visto che i professionisti ne sono fortunosamente tenuti esenti. Troppo difficile per il governo Meloni fare questo passo sancito dalle regole europee e italiane, finora rimaste disattese?

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