Lavoratori autonomi più poveri dei dipendenti

Secondo la Cgia i blocchi all’attività decretati inutilmente per la pandemia e la crisi economica morde soprattutto le Partite Iva. 

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Osservatorio Partite Iva Lavoratori autonomi

Lavoratori autonomi più poveri dei dipendenti: nel 2021 il rischio povertà o esclusione sociale delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo è stato superiore a quello dei nuclei che vivonocon uno stipendio fisso da lavoro dipendente.

Questo risultato, estrapolato dall’Ufficio studi della CGIA su dati Istat, testimonia, ancora una volta, come tra gli occupati italiani il cosiddetto popolo delle Partite Iva (artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, liberi professionisti, etc.) abbia meno sicurezze e più difficoltà economiche dei lavoratori dipendenti, specie dopo oltre due anni e mezzo di emergenza sanitaria che tra chiusure per decretoe limitazioni alla mobilità – alla luce dei fatti più recenti ingiustificate, immotivate ed illegittime – hanno messo in ginocchio, in particolar modo, una gran parte dei titolari di botteghe e di negozi di vicinato.

Non è che alle maestranze le cose siano andate meglio. Per queste ultime, comunque, gli ammortizzatori sociali a disposizione per legge hannoattutito” il colpo della crisi; per chi, invece, dopo i vari blocchi è stato costretto a chiudere definitivamente l’attività, non è rimasto che reinventarsi il futuro.

Povere il 22,4% delle famiglie dei lavoratori autonomi

Nel 2021, secondo l’annuale indagine campionaria realizzata dall’Istat, la percentuale di famiglie con reddito principale da lavoro dipendente che si trovava a rischio povertà o esclusione sociale era al 18,4%; per quelle con reddito principale da lavoro autonomo, invece, era al 22,4%. Rispetto agli anni precedenti, in entrambe le tipologie familiari l’incidenza è scesa. Le uniche che, invece, hanno visto aumentare notevolmente la situazione di marginalità economica sono le famiglie che vivono di pensione; l’incidenza dal 31,8% del 2019 ha toccato il 33,9% del 2021.

Dopo la pandemia, più lavoratori dipendenti e meno autonomi

A distanza di 30 mesi dall’avvento della pandemia, in Italia si è recuperato il numero degli occupati. Se tra il febbraio 2020 (mese precedente l’arrivo del Covid) e agosto 2022 (ultimo dato reso disponibile dall’Istat) ci sono 56.000 occupati in più, le due componenti del mondo del lavoro presentano, invece, risultati di segno opposto: il numero dei lavoratori autonomi è sceso di 155.000 unità. Se prima della pandemia erano poco meno di 5,2 milioni, ad agosto 2022 si sono attestati a poco più di 5 milioni. Il numero dei lavoratori dipendenti, invece, è aumentato di 211.000 unità. Prima della pandemia erano poco più di 17,8 milioni, ad agosto 2022 il numero è salito a poco più di 18 milioni.

Tanti lavoratori autonomi sono scivolati verso il sommerso

Il rischio imprenditoriale fa parte del lavoro autonomo, ma a differenza dei lavoratori subordinati, quando un autonomo chiude definitivamente l’attività non dispone praticamente di alcuna misuradi sostegno al reddito. Perso il lavoro ci si rimette in gioco e si va alla ricerca di una nuova occupazione. In questi ultimi anni, purtroppo, non è stato facile trovarne un altro: spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento hanno costituito una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero.

Fino ad una decina di anni fa aprire una Partita Iva era il raggiungimento di un sogno: un vero status symbol. L’opinione pubblica collocava questo neoimprenditore tra le classi socio-economiche più elevate. Oggi non è più così: per un giovane, in particolar modo, l’apertura della Partita Iva spesso è vissuta come un ripiego o, peggio ancora, come un espediente che un committente gli impone per evitare di assumerlo come dipendente.

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