Camere di commercio e spesa pubblica: stop al versamento dei risparmi allo Stato

Sentenza della Corte costituzionale che consente agli enti camerali di gestire interamente gli avanzi di bilancio a favore dell’economia locale. 

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camere di commercio palazzo insegna

I risparmi di gestione delle Camere di commercio ottenuti dall’applicazione della “revisione della spesa pubblicad’ora in poi resteranno sul territorio e non dovranno più essere versati al bilanciodello Stato: per il solo Veneto, equivale ad una dotazione di 5 milioni di euro in più, destinati al sostegno delle imprese e del territorio.

La storica sentenza della Corte costituzionale appena depositata fa cadere i provvedimenticontenuti nei decreti legge 112/2018, 78/2010, 95/2012 (la “spending review” del governo Monti) e 66/2014 (la “spending review” del governo Renzi) che imponevano alle pubbliche amministrazioni una serie di tagli di spesa, obbligando gli enti dotati di autonomia finanziaria, come le Camere di commercio, a versare allo Stato le somme corrispondenti alla riduzione di spesa indicata alle altre amministrazioni pubbliche.

Per le imprese italiane questa era una sorta di doppia tassazioneocculta” – al diritto annuale si sommava l’obolo allo Stato – ed una delle prime voci di spesa nei bilanci delle Camere di commercio.

Di fatto, la sentenza ha riconosciuto che l’obbligo di riversare al bilancio dello Stato dei risparmi di spesa conseguiti dalle Camere sottraeva risorse alle imprese provocando indubbi riflessi negativi e violava il principio dell’autarchia funzionale consistente nell’autosufficienza delle risorse per assicurare l’adempimento delle funzioni.

«Le Camere di commercio del Veneto sono state le prime ad avviare un percorso di autoriforma già dal 2015/2016, prima della cosiddetta riforma Renzi – spiega il segretario generale di Unioncamere del Veneto, Roberto Crosta – e già allora avevano sollevato la questione del versamento ingiustificato di queste ulteriori risorse allo Stato, soprattutto dopo gli importanti tagli legati al diritto annuale. Anche perché si trattava di una norma, come poi rilevato dalla Corte costituzionale, che si perpetuava nel tempo senza limite».

La Camera di commercio di Venezia Rovigo per prima, seguita da Treviso Belluno, da quella del Molise, della Venezia Giulia e della Maremma Tirreno e coadiuvate da Unioncamere Italiana, hannoquindi avviato le procedure giudiziarie. Le più determinate sono state le due venete e quella della Maremma Tirreno, sulla quale il giudice ordinario ha sollevato la questione di costituzionalità della norma, alla base della decisione della Corte costituzionale appena depositata.

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