La prima decisione che il nuovo governo dovrà prendere sarà necessariamente impopolare: è possibile, è sostenibile, è ragionevole prorogare tutti i bonus e gli sgravi sui prezzi dell’energia che si sono accumulati nel corso dell’ultimo anno?
A novembre scadono i crediti d’imposta per le imprese energivore, gasivore e per le Pmi; nello stesso mese lo sconto sulle accise di benzina, gasolio, Gpl e metano per autotrasporto a dicembre il bonus carburanti per i settori dell’agricoltura e della pesca; sempre a dicembre le garanzie Sace per i prestiti chiesti dalle imprese per pagare le bollette. A questi si aggiungono svariate altre misure, per esempio i bonus per il trasporto pubblico, lo sport, il terzo settore, i bonus sulle bollette per le famiglie a basso reddito, i vari bonus una tantum, perlopiù in vigore fino alla fine dell’anno.
Questi bonus, individualmente, possono essere ritenuti più o meno desiderabili e più o meno efficaci. Ma, nel complesso, costituiscono una massa di spesa pubblica che il Paese non può permettersi: secondo le stime più aggiornate, dalla seconda metà del 2021 abbiamo stanziato quasi 60 miliardi di euro, oltre il 3% del PIL. L’equivalente di due manovre finanziarie, si sarebbe detto una volta. L’intento di questi interventi è stato lodevole, la realizzazione confusa, il costo semplicemente insostenibile.
Il prossimo primo ministro – con ogni probabilità, con ampio mandato popolare, Giorgia Meloni – dovrà dunque decidere quali di queste misure mantenere, come modificarle, e come finanziarle. Meloni con prudenza e buon senso ha fatto più volte presente di non volere aprire il rubinetto del deficit, facendo altro debito. La leader di Fratelli d’Italia sa di non godere presso mercati e istituzioni europei del credito incondizionato che aveva il suo predecessore. Nello stesso tempo, sarebbe bene astenersi da strane alchimie fiscali, che pure hanno riscosso un vasto successo in campagna elettorale: propaganda a parte, la tassa sui cosiddetti extra-profitti è stata un fallimento e il gettito soltanto una frazione delle attese. Non è un problema che si possa risolvere puntando la pistola alla tempia delle imprese, raddoppiando le sanzioni.
Restano, allora, due vie, non mutuamente esclusive. La prima è quella della serietà politica: non tutti i bonus possono essere confermati e non tutti quelli che saranno mantenuti possono restare altrettanto generosi. Bisogna focalizzare meglio gli aiuti, concentrandoli soprattutto sulle famiglie a basso reddito e sulle imprese. La seconda strada è quella della responsabilità di bilancio: a ogni euro speso per ridurre i costi energetici deve corrispondere un euro in meno speso in qualche altro rivolo del bilancio pubblico.
Purtroppo il nuovo esecutivo eredita una situazione difficilissima, sia per ragioni legate alla congiuntura internazionale e al ritorno dell’inflazione, sia per la stratificazione caotica di tante, troppe spese fiscali. Da come si muoverà nella giungla dei bonus, cominceremo a capire di che pasta è fatta la prossima premier.
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