Il futuro delle pensioni italiane sarà sempre più difficile e all’insegna di sacrifici, specie per coloro che avranno un trattamento interamente calcolato con il sistema contributivo, sistema che genera alla fine della carriera lavorativa una rendita mediamente del 50-55% dell’ultimo stipendio netto. Davvero un deciso taglio rispetto al più compiacente calcolo retributivo, dove il taglio della pensione si limitava al 20% dell’ultimo stipendio.
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La situazione pensionistica è legata a doppio filo con la spesa pubblica, con la necessità di tenere sotto stretto controllo l’andamento e con la politica che dovrebbe stare alla larga dalla demagogia delle promesse di pensioni a 1.000 euro per tutti e a riposo a 62 anni di età. Chi batte questi tasti non è un politico serio e lungimirante, ma un arringatore di folle che poi deve prepararsi alle proteste popolari quando si scontra con l’impossibilità concreta di mantenere le promesse.
Viceversa, se si vuole fare una seria politica pensionistica, si dovrebbe iniziare a realizzare una solidarietà trasversale tra coloro che godono di trattamenti pensionistici retributivi – soprattutto se conseguiti con il sistema clientelare delle pensioni erogate con meno di 20 anni di contributi versati – e coloro che sono interamente contributivi, mentre si dovrebbe evitare di portare il minimo pensionistico a 1.000 euro per tutti, compresi coloro che non hanno mai versato o versato parzialmente i contributi, perché s’ingenererebbe una vergognosa discriminazione verso tutti i lavoratori contributivi in regola che, con 35 o 40 anni di versamenti, si troveranno con una pensione dimezzata rispetto all’ultimo stipendio.
Altrettanta attenzione andrebbe posta verso le pensioni dei lavoratori autonomi, specie di coloro che versano nelle casse privatizzate – circa 6 milioni di soggetti – che vedono il loro montante contributivo taglieggiato ogni anno dal prelievo fiscale del 26% sul rendimento finanziario conseguito – 765 milioni di euro nel solo 2021 distolti dal fisco al futuro dei lavoratori autonomi! -, oltre che la tassazione finale sulla prestazione pensionistica in capo al percettore. Anche qui, l’Italia è un unicum a livello europeo che andrebbe corretto al più presto, anche per rimpinguare l’ammontare di pensioni già di loro magre. Peccato che i politicanti in lizza nella campagna elettorale del 2022 nessuno ne parli, ma si punti solo a regalare soldi e pensioni anticipate che poi non sarà possibile mantenere.
In questa puntata di “Focus” di “ViViItalia Tv”, il direttore de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, intervista Antonello Orlando, esperto della Fondazione Studi consulenti del lavoro.
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