Gravi danni alla pericoltura emiliano romagnola causa siccità e maltempo

Confagricoltura: a picco i ricavi delle aziende produttrici.  

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pericoltura emiliano romagnola

Siccità, caldo torrido e bombe d’acqua infliggono un altro duro colpo alla pericoltura emiliano romagnola, dove tra le province di Ferrara, Modena, Bologna e Ravenna si concentra oltre il 70% della produzione italiana: i frutti raccolti sono più piccoli del passato, cotti dal sole o comunque non commerciabili a causa di spaccature e altre anomalie.

La produzione stimata per la campagna 2022 è in calo del 10% sul 2020 (nel 2021 il raccolto regionale era stato fortemente compromesso dalle gelate). Soprattutto cadono a picco i ricavi delle aziende produttrici, con una flessione pari al 30% e anche oltre per alcune varietà medio tardive – tra cui Williams che è molto diffusa – visto l’andamento commerciale che va via via peggiorando.

Dall’indagine di Confagricoltura Emilia Romagna, che ha chiesto con altre organizzazioni un tavolo alla Regione, si evince infatti che il 55% delle pere varietà Carmen consegnate è di piccolo calibro, +55/65 (nel 2020 era il 44%), come pure il 50% delle pere varietà Santa Maria (nel 2020 era il 31%).

Lo “scartato” – quella parte di prodotto non adatta alla vendita diretta perché’ non perfetta, quindi destinataall’industria di trasformazione – è notevolmente superiore ai quantitativi delle annate precedenti, tale da raggiungere il 25% del totale conferito della pericoltura emiliano romagnola (nel 2020 era solo il 15%).

«Il costo del gasolio agricolo è raddoppiato; il costo della risorsa idrica e dell’irrigazione è cresciuto di sei volte tanto», spiega Confagricoltura con il presidente dei frutticoltori dell’Emilia Romagna, Marco Piccinini. Non solo: si allarga la forbice tra i prezzi al campo e quelli sui banchi del supermercato. «Oggi il consumatore compra a prezzi dieci volte superiori rispetto a quanto riconosciuto all’agricoltore – dice Piccinini -. Negli altri settori il produttore stabilisce il prezzo di vendita, ma in agricoltura no: commercianti e Gdo dettano le leggi del mercato e fissano il prezzo da pagare al coltivatore. E’ una legge del “taglione”, ma nessuno ne parla, neanche alla vigilia delle elezioni politiche».

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