I partiti e la sempre più scarsa democrazia interna

Cassese: «i partiti hanno abbandonato la pratica dei congressi e della preparazione politica dei propri aderenti, che si riflette negativamente anche sulla qualità della gestione della cosa pubblica». 

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Gli attuali partiti sono delle autentiche oligarchie poco democratiche dove un ristretto gruppo di persone decide la linea politica dell’associazione politica non riconosciuta e determina anche le candidature alle varie elezioni, senza la necessità di passare attraverso la consultazione della base degli iscritti attraverso le primarie o congressi: una situazione di scarsa democrazia interna che mette sempre più a rischio le dinamiche politiche del Paese.

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Una situazione che ha allarmato il prof. Sabino Cassese, già ministro della funzione pubblica e giudice costituzionale, che viene intervistato in questa puntata di “Focus” di “ViViItalia Tv” dall’esperto in comunicazione e analisi politica, Gianfranco Merlin, e dal direttore de “il NordEst Quotidiano”, Stefano Elena, dove esprime i suoi pesanti dubbi sull’attuale sistema di creazione della classe dirigente del paese attraverso partiti sempre più con una base associativa ristretta e con scarsa democrazia interna.

Ormai, i partiti sono “macchineelettorali che entrano in piena attività solo in occasione delle scadenze elettorali, dove c’è da decidere la linea politica del partito e le candidature. Solo che tutto ciò avviene oggi in modo poco trasparente, visto che le pratiche della consultazione della base e dei congressi sono ormai uno sbiadito ricordo con tanti partiti in regime di commissariamento con responsabili nominati direttamente dal segretario e che solo a lui rispondono.

Si tratta di una situazione che va a cozzare con le disposizioni costituzionali, secondo cui a tutti i cittadini è consentito di partecipare alla vita politica del Paese attraverso associazioni partitiche, che però non sono regolate nella loro vita interna, con il risultato che il gruppo dirigente in carica può fare di fatto quello che più gli aggrada: espellere le voci dissenzienti, commissariare dirigenti non allineati, decidere a chi concedere il diritto di voto nelle attività interne stabilendo diverse categorie di soci: da quelli ordinari cui possono accedere tutti a quelli militanti, condizione cui si accede solo previa valutazione del nucleo dirigente, il quale può preventivamente combattere l’insorgenza di fenomeni di dissenso al suo operato.

Lo scadimento della rappresentanza degli interessi generali dei cittadini per assumere sempre più quelli del nucleo dirigente del partito lo si vede nel continuo allargamento dello scostamento dei cittadini elettori dal voto, con l’astensionismo che tocca ormai stabilmente oltre quota 40% e con l’indicazione di candidati che spesso sono privi di qualsiasi esperienza politica e profilo professionale, ma con l’unico valorepremiante nel ragionamento del nucleo dirigente – della fedeltà cieca e assoluta nei confronti del “cerchio magico”. Per non dire del mercimonio vero e proprio. Una situazione davvero pericolosa per la democrazia.

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