Il tasso di rischio di povertà, ovvero la percentuale delle persone che hanno un reddito inferiore al 60% di quello medio disponibile, in Italia è salito passando dal 20% del 2020 al 20,1% del 2021, pari a 11,84 milioni di persone coinvolte. Secondo l’Eurostat, la percentuale sale al 25,2% (14,83 milioni) se si considerano anche le persone a rischio di esclusione sociale, ovvero quelle che sono a rischio di povertà o non possono permettersi una serie di beni materiali o attività sociali o vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa.
Aumentano anche i cosiddetti “working poor”, i lavoratori che pur occupati sono a rischio di povertà: secondo le ultime tabelle pubblicate dall’Eurostat in Italia tra gli occupati nella fascia tra i 18 e i 64 anni quelli in difficoltà sono l’11,7%, in aumento rispetto al 10,8% del 2020. La percentuale sale più velocemente nella fascia più giovane con il 15,3% per le persone tra i 18 e i 24 anni a fronte del 12,7% del 2020.
Secondo Eurostat in Italia sono meno a rischio povertà i dipendenti (9,9% comunque in aumento rispetto al 9,3% del 2020 e con la percentuale più alta dopo la Spagna) rispetto agli indipendenti (al 18,1% dal 16,5% del 2020), cosa che testimonia puntualmente la scarsa attenzione verso il lavoro autonomo da parte dei tre governi della legislatura che sta finendo.
L’Eurostat segnala che sono in aumento i lavoratori a rischio di povertà sia con un contratto a tempo indeterminato (dal 7,7% del totale nel 2020 all’8,1% nel 2021), che quelli con un contratto a termine (dal 15,4% nel 2020 al 21,5% nel 2021), ma per questi ultimi la crescita è molto più significativa. E’ a rischio di povertàsoprattutto chi ha un contratto part time (il 20% del totale a fronte del 16,3% del 2020) rispetto a chi ha un contratto a tempo pieno (in aumento comunque dal 9,6% al 10,1%).
La situazione varia a seconda della situazione familiare: il rischio di povertà è massimo per i single con bambini(ma in calo sul 2020), al 19,6% dal 20,8% del 2020 mentre è molto più basso per una coppia adulta senza bambini(al 6,7% dal 5,8% del 2020). Per una coppia con bambini il tasso di rischio di povertà è salito dal 12,4% al 13% mentre per un single il rischio di povertà è passato dal 16,7% al 17%, al livello più alto dal 2006.
Secondo Assoutenti, i dati sulla povertà in Italia «sono purtroppo destinati a peggiorare, come effetto del caro-energia, dell’aumento dei prezzi al dettaglio e della abnorme crescita dei listini alimentari. Si tratta di dati che, purtroppo, appaiono già superati e obsoleti a causa della grave situazione di crisi scoppiata nel 2022 – spiega il presidente Furio Truzzi -. L’emergenza bollette, unitamente all’impennata dell’inflazione che ha raggiunto i livelli record degli ultimi 38 anni, stanno creando nell’anno in corso una nuova ondata di povertà: lo dimostrano i dati Istat che registrano un tracollo delle vendite alimentari diminuite in volume del -4,4% su base annua. Questo significa che gli italiani, per far fronte al rincaro dei prezzi e al caro-bollette, sono costretti a mangiare di meno e tagliare i consumi alimentari, il sintomo più evidente dell’impoverimento che sta colpendo una consistente fetta di popolazione. Una situazione vergognosa per un paese civile contro la quale è necessario intervenire abbattendo subito l’Iva sugli alimentari, e fissando prezzi amministrati per luce e gas, allo scopo di contenere l’avanzata della povertà in Italia».
Essì che Luigi Di Maio aveva festeggiato dal balcone di Palazzo Chigi che lui, e la sua allegra compagnia pentastellata, aveva solennemente dichiarato che la povertà era stata abrogata grazie a quel reddito di cittadinanza che oggi, sotto elezioni, pure lui rinnega. Sarebbe bello che pure gli italiani gli rinnegassero il seggio.
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