Trentino nuovamente laboratorio politico: nasce l’Alleanza democratica per autonomia Trentino

Calenda e Renzi entrano nell'ammucchiata a sinistra tra Pd, Psi, Verdi-Sinistra, +Europa, Campobase, Azione-Iv. 

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Il Trentino torna ad essere un laboratorio politico nazionale con il duo Renzi-Calenda che torna all’ovile Pd per cercare di fare eleggere soprattutto sul collegio contendibile di Trento della Senato un esponente Dem, piazzando sul collegio senatoriale di Rovereto la senatrice uscente Donatella Conzatti, cosa che ha scombussolato la base del Pd lagarino che ha dovuto rifiutare una propria candidatura, sicuramente più autorevole e credibile.

Per cercare di rallentare quella che da più parti si prospetta come una corsa facile per il centro destra – ma sarebbe meglio aspettare la chiusura delle urne per festeggiare, visto che non si escludono sorprese – il laboratorio trentino prevede la classica ammucchiata a sinistra, con dentro tutti, anche quelli che a livello nazionale hanno causato il Gran Rifiuto di Carletto Calenda ai danni di Enrico Letta. Di fatto in Trentino Calenda e Renzi tornano alleati di quell’Alleanza Verdi Sinistra e +Europa con Emma Bonino, oltre che del Partito democratico del Trentino, Partito socialista italiano, Campobase (una sorta di incubatore politico delle liste civiche locali).

L’ammucchiata trentina prende il pomposo nome di “Alleanza democratica per l’autonomia”. I candidati sono indicati di comune accordo, e ciascuna forza politica aderente rinuncia a presentare ulteriori candidature nei medesimi collegi. Gli eletti, poi, si impegnano per tutta la durata della XIX legislatura a rapportarsi stabilmente con le forze politiche parti dell’accordo e con l’alleanza nel suo insieme (e già questo per la storia politica è un patto scritto sull’acqua), lavorando in stretta collaborazione con le altre forze autonomiste del Trentino Alto Adige.

L’Alleanza è operativa solo sui tre collegi senatoriali del Trentino – per i due della Camera i giochi sono già stati fatti – dove i candidati sono Pietro Patton (indipendente di area Pd) per il Collegio senatoriale di Trento; Donatella Conzatti (Italia Viva ed ex Forza Italia e ex Margherita dellaiana) per il Collegio senatoriale di Rovereto; Michele Sartori per il Collegio senatoriale di Pergine Valsugana.

«Le nostre ragioni, i nostri obiettivi, per il Trentino e per l’Italia, sono largamente coincidenti. Il Trentino, la nostra Regione, la nostra Euregio sono tutt’uno con l’Europa. Come ci ha insegnato Degasperi, autonomia ed europeismo sono due facce della stessa, preziosa, medaglia. Non può esserci autonomia senza integrazione europea e il sovranismo, il nazionalismo, il populismo antieuropeo, che rappresentano l’identità profonda della destra, sono una prospettiva preoccupante e dannosa per l’Italia e la negazione dell’autonomia» affermano solennemente i firmatari dell’Alleanza, ben sapendo che dietro le parole solenni e di circostanza nel Trentino laboratorio politico si cela solo la paura di non essere elettoralmente affatto competitivi in Trentino così come nel resto d’Italia.

Ma il problema in Trentino così come in altre regioni, è la qualità dei candidati, specie quelli proposti dai partiti nei collegi uninominali, dove i nomi proposti dovrebbero fare sintesi delle varie coalizioni e, soprattutto, essere attrattivi di un elettorato sempre più disilluso e disaffezionato al rito democratico delle urne. Ecco, proporre candidature ampiamente riciclate, che hanno fatto praticamente tutto il giro dell’arco costituzionale, che si distinguono solo per gli accordi sottobanco e il contrabbando di favori fisici irriferibili per conquistare una posizione di vertice nelle liste, i partiti non fanno sicuramente un buon servizio a motivare gli elettori ad esercitare il voto. Elettori cui si propone sempre più forte l’alternativa, oltre all’astensionismo, la proposta delle nuove forze politiche antisistema che potrebbero dare filo da torcere ai due principali schieramenti.

Quanto al duo dei due ribaldi della politica italiana forse avrebbero avuto più consensi schierarsi effettivamente come quarto polo laico e liberale fuori dagli schieramenti, piuttosto che ridursi a sottoscrivere un’inguardabile ammucchiata locale solo per non condannare al doveroso oblio figure che in politica non hanno sicuramente meritato.

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