Bankitalia crescono i rischi climatici per il sistema creditizio

Aumentano le insolvenze nei territori colpiti da fortunali. Necessità di coprire con garanzie adeguate i prestiti nelle aree pericolose. 

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Le mutazioni climatiche colpiscono anche il sistema creditizio, con il rischio fisico che si trasforma in rischio finanziario con le conseguenti potenziali perdite: Bankitalia lancia l’allarme e invita le banche ad agireconseguentemente coprendo con adeguate garanzie i prestiti nelle aree pericolose.

Lo studio di Bankitalia fa emergere i primi dati che dimostrano come gli effetti di alluvioni, frane e ondate di calore si faranno sentire anche sulle attività delle banche, che concedono prestiti sempre più rischiosi ad aziende in aree vulnerabili. Non solo: la maggior parte di questi finanziamenti è coperta da garanzie fisiche, ad esempio edifici, che si trovano nelle stesse zone a rischio, azzerando il valore del collaterale e facendo salire il rischio di insolvenza.

I prestiti sono la principale fonte di esposizione al rischio di credito per le banche italiane, e rappresentano il 43% del totale delle attività a fine 2020 (il 55% circa sono prestiti a società non finanziarie). Secondo gli economisti di Bankitalia, anche se la presenza di garanzie, o collaterali, potrebbe mitigare l’impatto sulle perdite dei rischilegati al clima, i danni alle garanzie stesse costituiscono «un ulteriore canale di impatto del rischio fisico legatoai cambiamenti climatici».

I dati presi in esame dallo studio di Bankitalia danno la dimensione di tali rischi: nelle aree dove i danni del clima hanno un “elevato impatto”, l’83% dei prestiti è sostenuto da garanzie che si trovano nella stessa zona, e quindi sottostanno allo stesso identico rischio. Ne consegue che il rischio climatico può aumentare la probabilità di insolvenze delle aziende riflettendosi sui bilanci delle banche.

Le parti d’Italia più vulnerabili sono state individuate seguendo la classificazione del Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, che non tiene solo conto del rischio idrogeologico ma anche della capacità di adattamento delle varie province e comuni. Ad esempio, le zone con rischio alto e scarsissima adattabilità, sono Cosenza, Reggio Calabria, Salerno e Potenza. In queste città è molto alta la probabilità che le aziende non riescano a ripagare il loro prestito alla banca qualora si materializzassero eventi meteo estremi.

In Italia il pericolo maggiore secondo lo studio è costituito dalle alluvioni. Il rischio di danni climatici scende leggermente (ma non la capacità di risposta del territorio) per Catania, Palermo, Catanzaro, Messina, Foggia e Caserta. Rischio medio e scarsa risposta a Rieti, Frosinone, Cagliari, Sassari, Viterbo, Avellino, Imperia e Nuoro. In città come Roma, Firenze e Bologna il rischio è molto alto, ma la presenza di infrastrutture e risorse economiche agisce da fattore mitigante.

L’analisi dimostra comunque che l’esposizione delle banche italiane al rischio fisico è in generale contenuta. Solo pochi intermediari sembrano affrontare «una grande esposizione potenziale», ovvero solo il 4% del credito complessivo. I prestiti alle imprese, secondo i dati di AnaCredit, ammontano a circa 600 miliardi di euro. Il 28%(168 miliardi) si trova in province con “rischio fisicoelevato o molto elevato, e se si guarda all’adattabilità, il 15%(90 miliardi) è nelle province dove è scarsa o molto scarsa.

In entrambi i casi, lo studio di Bankitalia ha rilevato che la garanzia fisica si trova nello stesso luogo del debitore, riducendo il potenziale mitigante del collaterale. Il rischio climatico si traduce in un aumento del rischio fisico, ovvero maggiori perdite economiche e finanziarie potenziali: i danni causati dal clima estremo possono distruggere il capitale fisico, o interrompere la produzione e quindi le catene di approvvigionamento.

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